Bruxelles – L’Unione europea è chiamata a “dare il buon esempio” nel suo comportamento nei confronti di migranti e minoranze, le due fasce della società su cui più facilmente si concentrano i pregiudizi e le paure dei cittadini europei. Lo chiede una risoluzione del parlamento di Strasburgo approvata con 456 voti in favore, 138 contrari e 104 astensioni. Il testo incentrato sulle principali sfide dei diritti fondamentali nell’Unione europea nel 2015, nasce come risposta del Parlamento alla relazione annuale della Commissione sui diritti fondamentali nell’Ue.
Strasburgo invita gli Stati membri ad astenersi dall’istigare tra i loro cittadini paura e odio nei confronti dei migranti e dei richiedenti asilo per ottenere vantaggi politici. I deputati deplorano i “crescenti livelli di incitamento all’odio da parte di determinati partiti politici, media e istituzioni” e si aspettano che l’Ue sia da esempio nella lotta contro l’incitamento all’odio all’interno delle sue istituzioni.
Incitare all’odio e al pregiudizio è il primo passo verso comportamenti discriminatori e quindi violazioni di diritti umani. Per questo, la risoluzione affronta anche le tante sfide sui diritti umani con cui l’Unione si deve confrontare come la protezione dei bambini, in particolare dei circa 10 mila profughi minori non accompagnati che secondo l’ultimo rapporto dell’Europol sono scomparsi nel territorio dell’Ue nel 2015.
Inoltre, i parlamentari chiedono di riporre particolare attenzione alla difesa di alcune minoranze, come quella Lgbti vittima di crescenti episodi di omofobia, intervenendo sulle lacune legislative dei vari Stati membri le cui leggi non tutelano sufficientemente la minoranza Lgbti.
L’altra minoranza su cui Strasburgo ha voluto richiamare l’attenzione, una delle più perseguitate in Europa, è quella Rom a cui i parlamentari chiedono che sia assicurata la libertà di circolazione.
L’Aula ha ricordato che persone appartenenti alla minoranza rom sono soggette in modo sproporzionato a sgomberi forzati in molti Stati membri, tra cui l’Italia, invitando questi a “non pianificare politiche di insediamento sulla base di motivazioni etniche”, cioè quello che l’Italia fa da decessi costringendo la popolazione romanì a vivere nei cosiddetti “campi nomadi”.