Roma – “La Crimea non è un problema, è territorio della Federazione russa restituito alla Russia sulla base di un referendum popolare”. Così il ministro degli Esteri di Mosca, Sergej Lavrov, al Forum Med di Roma, risponde alla domanda su come si possano superare i problemi tra l’Unione europea e la Russia dovuti appunto all’annessione della Crimea e alla crisi nell’Est dell’Ucraina. Quanto alla seconda parte del problema, “l’unico modo per andare avanti è attuare l’accordo di Minsk”, indica, ma “i nostri colleghi ucraini non sono pronti, internamente, per adeguarsi” riconoscendo l’autonomia prevista per le regioni russofone.
Il capo della diplomazia di Mosca addossa la colpa dello stallo a Kiev, dunque, e lo stesso rimpallo di responsabilità, stavolta nei confronti dell’Ue, lo fa riguardo alle sanzioni economiche che “non sono un nostro problema ma di chi le ha imposte unilateralmente”, dice.
“Sul piano economico risentiamo delle sanzioni che hanno determinato una riduzione dell’interscambio tra la Federazione russa e l’Italia”, indica il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, che con Lavrov ha avuto un incontro bilaterale. “L’italia adesso è il nostro sesto partner commerciale”, segnala il russo, mentre “prima era il quarto e in passato è stato addirittura il terzo”.
Entrambi convengono sulla necessità di fare sforzi per far tornare a crescere l’import-export tra i due Paesi. E anche se “l’Italia ha sempre rispettato le decisioni sulle sanzioni”, ricorda il titolare della Farnesina, i rapporti commerciali rimangono un interesse strategico tanto per Roma quanto per Mosca, e lo dimostra il recente Consiglio economico italo-russo ospitato nella Capitale italiana. È anche per questo che, come ha rimarcato Gentiloni, “ci siamo opposti con forza all’ipotesi circolata in un recente Consiglio europeo di estendere le sanzioni per lo scenario siriano: la nostra posizione non è cambiata”.
Scenario siriano a proposito del quale Lavrov parla di “una sorta di isteria sulla situazione umanitaria ad Aleppo”, perché si descrive come “una fonte molto autorevole l’osservatorio dei diritti umani in Siria che scrive rapporti da una stanza a Londra”. A suo avviso, la “situazione umanitaria deve preoccupare anche a Mosul, in Yemen e dovunque ci sono conflitti”. In Ogni caso, assicura, “abbiamo comunicato all’Onu che si possono mandare aiuti ad Aleppo d’accordo con il governo” di Damasco, ma “l’Onu ci sta pensando mentre noi abbiamo già mandato medicinali e aiuti”.
Per la Siria “non esiste soluzione militare”, indica Gentiloni, convinto che “sulle macerie di Aleppo non si costruisce la transizione” e che “in questo momento la Turchia possa contribuire al processo negoziale”. Tesi condivisa dal rappresentante del Cremlino, che conferma i contatti tra Mosca e l’opposizione siriana mediati proprio da Ankara – “non sono una novità”, dice – e definisce “importante” il fatto che da parte turca si sia finalmente arrivati alla “comprensione” del fatto che si debba agire sulla base della risoluzione Onu che “non contempla la destituzione” del presidente siriano Bashar al Assad.
Alla platea del Forum Med, il capo della diplomazia russa spiega che “volere dei cambiamenti di regime a tutti i costi, anche appoggiando i terroristi è una cosa sulla quale dovremmo già aver imparato una lezione”. Cita gli esempi del sostegno statunitense ai mujaheddin afgani in chiave antisovietica, che “poi portò alla nascita di al Quaeda”, il rovesciamento del regime di Saddam Hussein in Iraq che ha fatto sorgere l’Isis, o ancora “l’aggressione della Nato” a Muammar Gheddafi in Libia che “ha distrutto il Paese” per dire che i russi non vogliono “che, dopo queste lezioni, anche in Siria si finisca col dare un sostegno ad al Nusra”.
Allo stesso modo, indica ancora Lavrov, bisogna evitare anche uno scenario di disgregazione di una entità statuale, come è avvenuto in Libia dopo “l’aggressione della Nato” al regime di Muammar Gheddafi. Crisi libica che è stata un altro degli argomenti di confronto del bilaterale con Gentiloni, il quale ha confermato la “linea chiarissima di sostegno al governo di Tripoli”, ma con “l’impegno a costruire ponti verso le altre forze, a cominciare da Khalifa Haftar”, il generale che controlla invece la Cirenaica e gode del sostegmo di Mosca e dell’Egitto.
Sulla necessità di coinvolgere “tutte le parti, incluso Haftar” conviene Lavrov, che invita “la comunità internazionale a non permettere una disgregazione della Libia” e a perseguire una intesa che “rispetti la volontà del popolo libico invece che perseguire esperimenti di geopolitica”.