Bruxelles – Con la sua candidatura alla successione di Martin Schulz alla guida del Parlamento europeo, Gianni Pittella ha preso tutti in contropiede e ora gli altri due maggiori gruppi della maggioranza dell’Aula, quello popolare e quello liberale, sembrano in difficoltà e stanno studiando la propria tattica per rispondere a questa mossa che sembra aver spiazzato le altre forze politiche.
Le discussioni e le trattative per ora vengono tenute sotto traccia, niente comunicati o conferenze stampa, e le dichiarazioni con la stampa sono centellinate. Ieri il presidente del popolari, Manfred Weber, ha spiegato che non entrerà direttamente nella competizione. Parlando con alcuni giornalisti ha spiegato: “Sono il gestore del processo, né più né meno non sarò il candidato del gruppo Ppe per il posto di presidente del Parlamento”. La dichiarazione è stata rilanciata su Twitter dai suoi membri di gabinetto, ma da nessun altro account o canale ufficiale del Ppe.
.@ManfredWeber to journalists: I am the manager of the process. I will not be the EPP Group candidate for the post of @Europarl_EN President https://t.co/wS47oB4HY4
— Christian Hügel (@ChHuegel) December 1, 2016
Déclaration de @ManfredWeber à la presse ce matin: "je ne serai pas le candidat du @EPPGroup pr le poste de président du Parlement européen"
— Marion Jeanne (@mj_ue) December 1, 2016
Su quale sarà il nome dei popolari al momento c’è molta incertezza, il gruppo potrebbe decidere di accettare la richiesta di Pittella per il bene dell’alleanza “istituzionale”, e quindi proporre un nome debole da “bruciare”, o addirittura nessun nome. Se deciderà di fare sul serio allora, con Weber fuori dai giochi, l’irlandese Mairead McGuinness sembra in pole position, ma anche l’italiano Antonio Tajani è in partita. La riflessione nel partito è in corso, è lo ha detto chiaramente anche il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker che in un’intervista a La Stampa, ha spiegato che quella delle poltrone “è una questione che il Ppe deve porsi”, in quanto alle elezioni “ha avuto un risultato di due-tre punti percentuali superiore quello del partito socialista”, e quindi non può certo insistere per prendere tutte le presidenze delle istituzioni comunitarie.
La candidatura di Pittella ha messo in difficoltà soprattutto i liberali. Guy Verhofstadt, dopo l’abbandono di Martin Schulz, veniva considerato un possibile nome alla successione, un garante della grande coalizione, o meglio della “collaborazione legislativa” come i socialisti preferiscono chiamare il patto che regge la maggioranza dell’aula in questa legislatura, che però avrebbe evitato il monopolio popolare nelle tre maggiori istituzioni Ue. Il belga ha ricevuto “il supporto di principio” della maggioranza dei membri del gruppo, ha spiegato Sylvie Goulard con un post sul suo blog due giorni fa, scritto per ritirare la sua candidatura. Ma da allora né da parte dei liberali, né da parte dello stesso Verhofstadt c’è stata alcuna presa di posizione ufficiale. Segno che anche questa partita si sta svolgendo dietro le quinte. Almeno per ora.