La scelta di Gianni Pittella come nuovo presidente del Parlamento europeo sarebbe la più equa per i partiti Ue e la meno problematica per gli equilibri complessivi nell’Unione europea.
Attualmente delle tre principali istituzioni comunitarie due, Commissione Consiglio, sono a guida popolare, mentre il Parlamento ha un presidente socialista. Con la scadenza prossima del mandato di Martin Schulz, presidente degli eurodeputati, si è aperto il dibattito sull’opportunità di mantenere l’alternanza tra i due maggiori partiti alla guida del Parlamento o se, nel nome di un più generale equilibrio nell’Unione, non fosse il caso di confermare la guida socialista del Parlamento per altri due anni e mezzo, il che farebbe un totale di sette anni e mezzo del Pse alla testa dei deputati europei, contro i quindici che i popolari avranno, al termine di questa legislatura, alla Commissione e i dieci al Consiglio. Negli equilibri va considerata anche la presenza di Federica Mogherini, del Pse, nell’importante poltrona di Alto rappresentate per la politica estera dell’Unione.
Con Martin Schulz in sella il cambio di partito sembrava più difficile, ma la sua rinuncia ad una conferma per partecipare alle elezioni nazionali tedesche ha fatto precipitare gli eventi.
I socialisti non hanno però perso tempo, e la decisione di oggi mette in pista un candidato forte (Pittella è stato per due volte primo vice presidente del Parlamento, ed ora guida il gruppo del Pse). Da parte dei popolare dire “no” a Pittella e battersi per ottenere la poltrona di Schulz vorrebbe dire a questo punto aprire una guerra nel Parlamento, e mettere in crisi pesantemente i rapporti tra le due forze maggiori dell’Aula e della politica europea in generale. Anche il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker si è posto il problema, e sembra indicare una soluzione quando, in un’intervista a La Stampa, dice che quella delle poltrone “è una questione che il Ppe deve porsi. Il Ppe ha avuto un risultato di due-tre punti percentuali superiore quello del partito socialista. Si tratta dell’Europa, non di approcci partigiani. Io ho sempre difeso la stabilità dell’Europa, la stabilità dei vertici delle istituzioni europee”.
La sfida potrebbe anche essere una scelta sana, che aprirebbe ad un confronto politico più “naturale” all’interno del Parlamento, con maggioranze e minoranze che si formano in Aula, con un programma politico condiviso, oltre a quello meramente istituzionale, come è storicamente grazie all’accordo tra Ppe, Pse e liberali.
Non sembra però il momento, questo, in cui le forze politiche tradizionali sono pronte a una rigenerazione così profonda del loro modo di fare politica. La presidenza della Commissione europea a Jean-Claude Juncker è stata votata insieme da socialisti e popolari, che tuttora la sostengono, dunque, al momento, sembra difficile che si possa arrivare ad una rottura. La situazione generale dell’Unione poi in questi anni non è certo delle più solide, e meno conflitti si creano meglio è.
Pittella, insomma, ha ottime carte da giocare.