Bruxelles – Quale ruolo per i giovani nel proteggere la democrazia in Europa? Questo il tema del dibattito svoltosi oggi presso la sede dello European Policy Centre a Bruxelles, organizzato dall’associazione FutureLab Europe.
Il punto di partenza della discussione è stato fornito dalla preoccupazione destata dal crescente disimpegno politico in particolare delle giovani generazioni: secondo l’ultima indagine Eurobarometro, la percentuale di europei tra i 15 e i 30 anni che ha votato a una qualche elezione è drasticamente calata dall’80% del 2011, al 73% nel 2013 e al 63% nel 2015. Questi dati, come è stato sottolineato nel corso del dibattito a cui hanno partecipato anche l’eurodeputato Pd Brando Benifei, Elisa Lironi, Digital democracy and campaigning manager presso lo European Citizen Action Service (ECAS) e Artur Wieczorek, Segretario generale della Federazione dei giovani verdi europei (Fyeg), non devono far pensare che le giovani generazioni si disinteressino alla cosa pubblica: anzi, le statistiche dimostrano il contrario. Si è registrato un forte incremento del numero di giovani che si impegnano in progetti di volontariato, Ong, che firmano petizioni.
“I giovani si interessano delle tematiche sociali” ha fatto notare Darija Maric, membro di FutureLab Europe, e vogliono portare il proprio contributo. La causa principale del disimpegno nelle politiche mainstream sono la sempre più diffusa sensazione di “non poter fare la differenza” ha continuato Maric. In altre parole, è presente nell’animo delle giovani generazioni un sentimento cinico di profonda disillusione nei confronti di politiche che dimostrano di non prendere sul serio le necessità di una generazione che si è sentita troppo spesso privata delle proprie speranze, della capacità di costruirsi il proprio futuro. Sentimenti, questi, che si sommano a una mancanza di fiducia generale nella capacità (e volontà) dei politici di mantenere le promesse fatte e a un disinteresse nei confronti di politiche “che sembrano tutte uguali fra loro” ha fatto notare Benifei.
La situazione si complica ulteriormente se si aggiunge la difficoltà di comunicare con il pubblico più giovane, ha concluso Lironi: “I politici non sanno come approcciarsi ai giovani, soprattutto attraverso i social media: i giovani sono molto individualisti, sono molto cinici riguardo al futuro, non hanno molta speranza”, vi è, perciò, la necessità che i soggetti della sfera pubblica ristabiliscano “un’interazione maggiore” e più diretta con il pubblico più giovane. Non sentendosi ascoltati nell’arena politica tradizionale, non sentendosi considerati, i giovani preferiscono impiegare le proprie energie, portare e promuovere la propria visione del mondo altrove.
Rimproveri e critiche mosse alle giovani generazioni anche in ambito domestico sono inutili, se non controproducenti. Occorre piuttosto impegnarsi concretamente per ricostruire un rapporto di fiducia tra attori politici e giovani cittadini. Varie sono state le proposte per rispondere al problema: “Implementare il ruolo del giornalismo” ha suggerito Janosch Delcker, giornalista politico per il giornale Politico, “rendere l’Europa più federale” e creare delle “strutture sovranazionali” in grado di guidare i cambiamenti in atto ha proposto Wieczorek, segretario generale della Federazione dei giovani verdi europei. Secondo Benifei bisognerebbe “aprire i confini”, mentre Lironi ha sottolineato l’importanza della presenza di tre componenti per “restaurare la fiducia” nella politica: “Competenza, disponibilità e integrità”.
Secondo i relatori, inoltre, è possibile convertire l’impegno giovanile nelle tematiche sociali per proporre una forma di politica alternativa, che sia in grado di andare oltre la classica politica portata avanti attraverso il sistema dei partiti: per fare ciò, si è detto essere necessario che gli attivisti siano più ambiziosi nei loro progetti, oltre a sottolineare l’importanza di far sentire la propria voce in una sede dove “non possa essere ignorata”, suggerisce Wieczorek.
Inoltre, attraverso la promozione di un’”educazione civile”, ha affermato Lironi, e la creazione di “politiche strutturate”, secondo Benifei, sarebbe possibile muovere i primi passi per riavvicinare alla partecipazione politica chi se ne è disinteressato.