Rigettato il ricorso del nostro Paese contro la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo
“Detenuti trattai in modo disumano”, i ricorrenti riceveranno 90mila euro di risarcimento
Iacolino (Ppe): “L’Ue ci aiuti e finanzi nuove strutture o l’ampliamento delle esistenti”
Che il problema esistesse era chiaro a tutti. Che andasse affrontato, anche. Ma avere un ultimatum che ti impone di farlo entro soli 12 mesi è altra cosa. Ora l’Italia non può più rimandare: per risolvere l’annoso problema del sovraffollamento delle carceri c’è esattamente un anno di tempo. A stabilirlo la Corte europea dei diritti dell’uomo che ha respinto il ricorso presentato dal nostro Paese contro una sentenza di Strasburgo dello scorso 8 gennaio, confermando così il verdetto già emesso: condanna nei confronti del sistema carcerario italiano per avere trattato in modo inumano e degradante di alcuni detenuti.
A portare i giudici verso questa sentenza la denuncia di sette detenuti del carcere di Busto Arsizio e di Piacenza a condizioni inumane e degradanti: gli uomini condividevano celle di nove metri quadri con altri due carcerati e non avevano sempre accesso alle docce dove spesso mancava l’acqua calda. Ora che l’appello è stato rigettato la decisione diventa definitiva e condanna l’Italia anche a risarcire quei detenuti con quasi 90 mila euro. La Corte ha anche dato al governo un anno di tempo per risolvere il problema delle carceri e introdurre nel proprio ordinamento misure che garantiscano ai reclusi di poter ottenere immediatamente un miglioramento delle loro condizioni. Nella sentenza i giudici sottolineano che spetta al governo italiano trovare le soluzioni più adatte.
Come se non bastasse la Corte di Strasburgo solleva dubbi sulle misure prese sin dal 2010, in particolare il piano carceri, e invita le autorità italiane a mettere in atto misure alternative alla detenzione e a ridurre al minimo il ricorso al carcere preventivo. Se entro i tempi stabiliti una soluzione non sarà trovata Strasburgo ricomincerà a esaminare le centinaia di ricorsi per sovraffollamento già arrivati, con il rischio, per non dire la certezza, per l’Italia di ricevere ulteriori condanne e successive multe.
Insomma i tempi stringono e sulle possibili soluzioni i pareri sono i più diversi. Per la Lega Nord sarebbe sufficiente “far scontare la pena ai detenuti stranieri nei Paesi d’origine”, una soluzione che “sembra però non essere gradita agli ambienti politicamente corretti di Bruxelles” dichiara Lorenzo Fontana. Il 30 aprile di quest’anno, spiega il capo delegazione del Carroccio al Parlamento europeo, dati del Ministero della Giustizia alla mano, la capienza delle carceri italiane era di 47.045 posti disponibili ma si registravano 65.917 detenuti. Quelli stranieri sono 23.438 stranieri: quindi “con il rimpatrio la situazione rientrerebbe negli standard”.
“L’Ue – concorda l’eurodeputato indipendente Eld Claudio Morganti – dovrebbe favorire accordi globali per permettere ai detenuti, arrestati sul suolo europeo, di scontare la pena nei loro Paesi d’origine”. E se ciò non dovesse bastare “invece di prendere misure di amnistia o indulto o di costruire nuove strutture – suggerisce – si utilizzino i tanti penitenziari già costruiti e mai entrati in funzione”.
Per Salvatore Iacolino (Ppe), Vicepresidente della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, il governo “deve chiedere all’Unione europea, nel quadro delle prospettive finanziarie 2014-2020, il finanziamento di nuove strutture carcerarie o l’ampliamento di quelle esistenti”. A dare forza alla richiesta, ricorda Iacolino, “un mio emendamento, approvato in Aula nel 2009 nell’ambito del cosiddetto Programma di Stoccolma su Giustizia, Libertà e Sicurezza, che impegna l’Ue a tali adempimenti in quegli Stati Membri – come l’Italia – dove il sovraffollamento carcerario è dovuto alla presenza di detenuti provenienti da Paesi terzi o da altri Stati Membri”.
Letizia Pascale