di Carlo Clericetti
Si continua a dire che questa è “la più grande crisi dell’ultimo secolo dopo quella del ’29”. Beh, l’affermazione è corretta solo se con quel “dopo” si indica l’ordine cronologico, perché questa crisi non è comparabile a quella: è molto più grave. Per verificarlo basta guardare un paio di grafici che Nicola Salerno ha tirato fuori dalle serie storiche Istat-Bankitalia. Il primo mostra l’andamento del PIL pro capite dall’unità d’Italia al 2015. Eccolo.
Come si vede, quando si prendono i dati di lunghissimo periodo le cose cambiano aspetto, e la crisi del ’29 diventa un ribassino della curva paragonabile al massimo alla crisi petrolifera degli anni ’70. L’unico forte arretramento è quello corrispondente alla seconda guerra mondiale, dopo la quale il PIL pro capite inizia una volata lunga più di cinquant’anni, con qualche episodico arretramento che non modifica il trend ascendente.
Nel 2008, però, si spalanca l’abisso. La discesa è quasi il doppio di quella della guerra, e quella che chiamano “ripresa” è solo un arresto della caduta con un rialzino a stento percettibile. Dopo la crisi del ’29, a quest’ora, avevamo recuperato, come mostra un altro grafico di Salerno.
Questa catastrofe storica era inevitabile come un terremoto o come la grandine, oppure possiamo prendercela con qualcuno? Se fossimo nella prima ipotesi, anche gli altri paesi, chi più che meno, dovrebbero essere andati all’incirca nello stesso modo. E invece non è così: sappiamo che gli USA, epicentro della crisi, ne sono usciti rapidamente; così il Regno Unito, che è fuori dall’euro e anche dal fiscal compact; persino il Giappone, che non riesce a risolvere i suoi problemi ormai ventennali, è andato meglio di noi.
C’entra certamente il fiscal compact, ossia quelle maledette regole europee sulla finanza pubblica che ci hanno costretto all’austerità. E quindi certamente colpevoli sono i tedeschi e i loro alleati, che quelle regole hanno imposto a tutta l’eurozona. Ma i nostri governi sono esenti da colpe? Ci aiutano a capirlo altri grafici, pubblicati sull’ultimo aggiornamento di Congiuntura-Ref.
Come si vede dal secondo grafico, anche il PIL dell’Eurozona, pur se in ritardo rispetto agli USA e certo non in modo travolgente, da metà del 2013 ha ripreso a salire. Nessun altro in Europa a parte la tartassata Grecia e Cipro – fuori gara – è andato male come l’Italia.
E allora qualche responsabilità i nostri governi ce l’hanno avuta, per dirla con un eufemismo. La crisi c’è stata per tutti, e prima che iniziasse noi non eravamo quelli messi meglio, ma neanche quelli messi peggio, nonostante i tanti anni di malgoverno berlusconiano. Perché poi è andata in modo tanto disastroso?
Dei motivi si è detto molte volte. Non ci siamo opposti – per incapacità o forse perché i nostri governi non volevano – a una politica di finanza pubblica restrittiva, che ha aggravato la recessione, mentre quasi tutti gli altri paesi europei se ne infischiavano allegramente del mitico 3% di deficit. Ci siamo dannati su “riforme” che nulla hanno a che fare con il rilancio dell’economia, come quelle sul lavoro e questa sulla riforma costituzionale. Il governo Renzi, pur se in modo insufficiente, ha speso (50 miliardi tra il ’14 e il ’17, secondo il Rapporto sulla finanza pubblica del Mulino; 40 al netto di 10 miliardi di aumento di imposte): ma ha speso malissimo, per tre quarti dando soldi alle imprese “a pioggia”, senza un progetto, e per un quarto distribuendo soldi a questa o quella categoria per comprare consensi. Il risultato è stato che gli investimenti sono crollati, come mostra quest’altro grafico dell’infaticabile Salerno.
Specie nei periodi di crisi, gli investimenti sono quello che ha maggiore impatto per la ripresa. Nel gergo degli economisti, hanno un moltiplicatore maggiore di 1 (ossia ogni euro impiegato ne frutta più di uno nel giro di due-tre anni: secondo molti, dal doppio al triplo); i tagli di tasse e i trasferimenti (cioè la distribuzione di soldi) hanno un moltiplicatore minore di 1, cioè fruttano meno di quel che si spende; i tagli di spesa hanno un moltiplicatore negativo, cioè aggravano la crisi. Ognuno ripensi a quel che è stato fatto e tragga le conclusioni.
Insomma, dentro una cornice sbagliata (la politica europea) ci abbiamo messo del nostro, e abbiamo sbagliato ancora di più. I politici e gli economisti che hanno fatto queste scelte sono incapaci, se pensavano che fossero adeguate. Se invece le hanno fatte per imporre un modello economico-sociale approfittando della crisi, allora sono dei criminali.
Pubblicato su Repubblica il 22 novembre 2016.