Bruxelles – È stato approvato dalle istituzioni europee un accordo per una Regolazione Ue sui minerali di conflitto (detti anche “minerali insanguinati”), volto a fermare il finanziamento di gruppi armati nei Paesi in via di sviluppo attraverso il commercio di stagno, tantalio, tungsteno e oro. L’accordo negoziato dalla Commissione tra Consiglio e Parlamento, che verrà approvato formalmente dalla Plenaria l’anno prossimo, non implicherà “ulteriore burocrazia per le compagnie europee”, spiega Peter Žiga, ministro slovacco del commercio e presidente del Consiglio, “mentre i cittadini Ue saranno sicuri che i loro acquisti non colpiranno i diritti umani nei Paesi interessati dai conflitti”.
L’accordo dovrebbe permettere di soddisfare in modo sostenibile più del 95% di tutte le importazioni Ue di stagno, tantalio, tungsteno e oro e garantirà l’importazione responsabile della maggioranza dei minerali e metalli: gli obblighi interessano le fonti d’importazione e comprendono anche processi quali l’estrazione e la raffinazione. I deputati hanno chiesto e ottenuto che i controlli approfonditi (due diligence), in accordo con le linee guida dell’OCSE, siano obbligatori per gli importatori. Saranno previste una serie di misure di controllo e di supporto alle compagnie produttrici e importatrici, volte a promuovere il commercio responsabile: tra le varie disposizioni è prevista l’istituzione, in ogni Stato membro, di autorità competenti presso le quali le imprese del settore dovranno certificare che i minerali non provengono da zone di conflitto.
“Le regole che abbiamo approvato oggi sono un grande passo avanti nei nostri sforzi per fermare l’abuso dei diritti umani e i conflitti armati finanziati dal commercio di minerali” ha affermato Cecilia Malmström, commissaria Ue per il Commercio, che ha espresso la sua fiducia sul fatto che l’accordo avrà un “impatto reale” e spera che l’Ue venga considerata “un esempio da seguire per gli altri Paesi”.
L’approvazione è stata accolta con soddisfazione dal gruppo europarlamentare dei Socialisti e democratici (S&D), uno dei maggiori promotori dell’accordo per la Regolazione. “È stata una battaglia lunga, complessa e spesso solitaria, ma ce l’abbiamo fatta”, ha affermato il presidente del partito Gianni Pittella, che ha rivendicato che “nonostante un silenzio e un’indifferenza generali e diffusi, grazie ai nostri sforzi, ci siamo assicurati che i prodotti venduti in Ue non alimentino le milizie armate e non favoriscano la violazione dei diritti umani nelle aree di conflitto”. Tuttavia “Il lavoro non è finito”, ricorda la portavoce S&D per i conflitti militari Maria Arena: oltre a verificare il rispetto dell’accordo, “come gruppo politico, spingeremo per ulteriori misure legislative nei prossimi anni”.
D’altro avviso, invece, organizzazioni quali, per esempio, Amnesty International, secondo cui “l’accordo rappresenta un primo passo nella giusta direzione, ma la legge alla fine rischia di fare molto meno rispetto all’obiettivo”, poiché “una serie di concessioni e lacune dell’ultimo minuto potrebbe minare l’impatto del regolamento, in quanto esonerano un gran numero di aziende”. La Ong denuncia che “a dispetto della proposta più ambiziosa del Parlamento europeo nel maggio 2015, solo le società che importano minerali grezzi saranno coperti”, mentre “le aziende che portano gli stessi minerali nell’Ue all’interno componenti o prodotti finiti sono lasciate fuori”. Inoltre verso la fine del negoziato “gli Stati membri hanno anche spinto con successo per l’inserimento di una serie di soglie di importazione che ridurranno ulteriormente il numero di imprese che dovranno conformarsi alle nuove regole”, afferma ancora Amnesty.