Enrico Letta ha capito tutto. Mercoledì ha partecipato al suo primo Consiglio europeo e ne è uscito come un vincitore, ha imposto la linea del prossimo, quello di giugno, alla faccia di Merkel o del quasi neofita Hollande. Questo è quel che ha detto lui, spiegando ed insistendo che “su proposta italiana” il prossimo Consiglio, quello di fine giugno, avrà il tema della disoccupazione giovanile come “questione qualificante”. Ora, tutto è relativo. Quando uno dice “questione qualificante” esprime un concetto del tutto soggettivo. All’interno delle varie questioni che quel Consiglio, convocato ben prima che Letta fosse indicato come premier, ci sarà di sicuro, come annunciato da mesi, la disoccupazione, e ci sarà anche quella giovanile. Che poi la questione sia “qualificante”, dipenderà dalle interpretazioni che di quella riunione si vorranno dare. Però bisognerebbe ricordare che questo programma dei lavori non è stato stabilito perché l’ultimo arrivato tra i premier europei l’ha chiesto. Il Consiglio, dice l’agenda fissata da una decina di giorni e pubblicata in anteprima dal nostro sito il 15 maggio, “farà il punto sulla implementazione dello sforzo per sviluppare la competitività, il lavoro e la crescita in Europa”. Ma Letta è stato bravo a dire che è merito suo. Ci hanno voluto credere in tanti. Ognuno deve in qualche modo valorizzare il proprio lavoro.
Dopo che Letta ha parlato ai giornalisti esce fuori che la cancelliera tedesca e il presidente francese hanno deciso di elaborare insieme un piano conto la disoccupazione e che in questo lavoro neanche gli è passato per la testa di chiedere un contributo italiano. Poi esce anche che, come lo stesso Letta è stato costretto ad annunciare ai giornalisti italiani, a luglio a Berlino si svolgerà un incontro dei ministri del Lavoro europei per discutere delle “best practices”. Allora vengono alla mente altri presidenti del Consiglio italiani (e non solo, a dire il vero) che hanno saputo cavalcare l’onda, capire cosa stava per succedere anche malgrado loro, e che hanno tentato di prendersene il merito. Ma va anche bene, la politica è anche spettacolo. L’importante è saperlo, e che non si finisca con il dire, quando c’è qualcosa di più difficile da digerire: “l’impone l’Europa”.
Lorenzo Robustelli