Bruxelles – Troppi giovani che abbandonano prematuramente gli studi, il tasso di laureati più basso di tutta l’Ue, investimenti nell’istruzione scarsi e tanti giovani qualificati costretti a scappare in un altro Paese a causa delle enormi difficoltà ad entrare nel mercato del lavoro. È un quadro a tinte fosche quello che l’Unione europea dipinge riguardo al sistema scolastico del nostro Paese. La Commissione europea ha presentato la sua relazione annuale di monitoraggio del settore dell’istruzione e della formazione dei ventotto e i risultati per l’Italia sono decisamente poco incoraggianti.
Primo tasto dolente, il tasso di istruzione universitaria per i giovani dai 30 ai 34 anni: su questo siamo maglia nera in tutta l’Europa. I nostri laureati, nel 2015, erano appena il 28,1% contro una media europa del 39,4%. Secondo il rapporto, nonostante si sia registrata una maggiore attenzione alla qualità dell’istruzione universitaria e il quadro per l’assegnazione dei finanziamenti agli atenei sia migliorato, le risorse fornite al sistema d’istruzione superiore risultano ancora inadeguate e a questo fattore si somma l’invecchiamento e la diminuzione del numero del personale docente.
Anche per quella minoranza che arriva fino alla tesi, poi, il futuro non è roseo. Il tasso di occupazione dei neolaureati in Italia nel 2015 era del 57,5%, ampiamente al di sotto di una media europea dell’81,9%. Facile, alla luce di questo, capire un’altra delle piaghe del sistema italiano: quella fuga dei cervelli che porta fuori dal Paese una parte delle risorse umane migliori. Dal 2010, evidenzia il rapporto, è in rapida crescita il numero di cittadini italiani in possesso di un diploma di laurea che si trasferiscono all’estero. Questo fenomeno non è stato compensato da un parallelo rientro in Italia di lavoratori con le stesse elevate qualifiche: nel nostro Paese infatti la proporzione di cittadini stranieri di età compresa tra i 25 e i 64 anni in possesso di un diploma di laurea è molto inferiore a quella dei cittadini italiani (nel 2014 era l’11,5% rispetto al 17,5%), mentre nell’UE nel suo complesso la percentuale di cittadini altamente qualificati provenienti da Paesi dell’Ue e da Paesi terzi è analoga. In Italia, dunque, la “fuga di cervelli” può rivelarsi una perdita netta definitiva di capitale umano che potrebbe minare la competitività dell’Italia, avverte la Commissione.
Male anche per quanto riguarda gli investimenti. Se in Europa nel settore dell’istruzione sono in ripresa (+1,1%), l’Italia resta indietro rispetto alla media europea. Il nostro è uno dei Paesi membri che, sia in rapporto al Pil (4,1%), sia in rapporto alla spesa pubblica complessiva (7,9%), investe meno nell’istruzione (in base ai dati raccolti per il 2014). Con le riforme del 2015, tuttavia, è stato creato un fondo specifico destinato a finanziare la riforma della scuola. Nel 2015 è stato assegnato al fondo 1 miliardo di euro, mentre si prevede che a partire dal 2016 saranno investiti nel fondo 3 miliardi di euro all’anno.
L’Italia registra dati negativi anche per quanto riguarda il tasso di abbandono scolastico, ancora al di sopra del quadro europea ma in costante diminuzione: secondo i dati più recenti raccolti nel 2015, il 12,7% dei giovani tra i 18 e i 24 anni ha abbandonato gli studi e la formazione prematuramente, rispetto alla media Ue del 10,1%.
“Oggi più che mai dobbiamo garantire che l’istruzione permetta ai giovani di divenire cittadini attivi e indipendenti in grado di trovare un lavoro soddisfacente. Non è solo una questione di innovazione e crescita duratura. È una questione di equità”, ha ricordato Tibor Navraciscs, commissario europeo per l’Istruzione.