Bruxelles – Il giudizio dell’Alta Corte del Regno Unito, secondo cui per procedere all’attuazione dell’articolo 50 (che permette l’uscita di un Paese membro dall’Unione europea) serve il voto favorevole del Parlamento, ha dato nuove speranze agli oppositori della Brexit: alcuni prevedono un deciso rifiuto parlamentare che abbia come possibili conseguenze nuove elezioni o un nuovo referendum e il ribaltamento dell’attuale posizione governativa favorevole all’uscita dall’Ue. Un tale scenario è, tuttavia, improbabile, secondo quanto descritto nel commento di Fabian Zuleeg, direttore dello European policy center, indipendentemente dallo scenario politico del Regno Unito.
Nell’eventualità di una presa di posizione parlamentare contraria alla Brexit, anche in caso di nuove elezioni, non ci sarebbe la certezza della creazione di una maggioranza favorevole a restare nell’Ue. Un nuovo referendum, inoltre, risulterebbe superfluo di fronte alla sentenza della Corte, la quale, come scritto sopra, ha già ribadito la supremazia del Parlamento nei confronti degli altri soggetti del panorama politico del Regno Unito.
Un’inversione di rotta risulterebbe in generale pericolosa, in quanto una parte consistente dell’elettorato considererebbe antidemocratica una presa di posizione che contraddicesse l’esito del referendum consultivo. Inoltre, considerato il sistema elettorale britannico, sarebbe più probabile che nuove elezioni porterebbero alla creazione di un governo più radicale dell’attuale che spingerebbe per un’immediata accelerazione della Brexit, piuttosto che per un’inversione di tendenza: anche in caso di una possibile conseguente imposizione da parte della Camera dei Lords di un rallentamento, prevarrebbe la decisione del Parlamento e la procedura d’uscita diverrebbe ancora più caotica, nuocendo al Regno Unito e ancor più all’Ue.
L’esito più probabile resta, quindi, una Brexit “dura”. Rigidità che, però non dev’essere tradotta con “dispotismo”. L’Ue è decisa a stabilire dei trattati per il libero commercio dopo il completamento dell’articolo 50 (il Primo Ministro del Regno Unito Theresa May si è impegnata a rispettare la scadenza per l’avvio delle procedure marzo 2017), per la cui procedura l’Unione rassicura che saranno concessi i due anni previsti dalla normativa. Resta ferma la posizione europea di rifiuto delle richieste di May riguardo una Brexit “morbida” (che permetterebbe “in automatico” al Paese di rimanere nel Mercato Unico senza rispettare il pilastro della libera circolazione): una tale soluzione sarebbe difficile non solo dal punto di vista legale e tecnico, ma soprattutto politico. La scelta potrebbe essere, piuttosto, tra la “non Brexit” e una Brexit “dura”, ma, a tal proposito, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha già chiarito che l’esito del referendum di quest’estate non permette che una rinuncia alla Brexit possa essere presa in considerazione come opzione.