Roma – “Non c’è ancora una stima precisa” di quanto servirà per la ricostruzione dopo i nuovi danni provocati dal terremoto nel Centro Italia. Tuttavia, “i soldi e le risorse” necessarie “sono già stanziate nel piano pluriennale di legge di bilancio”, che assicura per il 2017 fondi pari a “3 miliardi di euro, che diventano 5 o 6 nel 2018”. Per il presidente del Consiglio Matteo Renzi, intervistato da Radio24, ci sono “spazi d’azione” già previsti dall’esecutivo, e dunque “al momento non c’è la necessità” di ulteriori aumenti di deficit rispetto a quanto previsto nella Legge di bilancio.
Il capo del governo, da un lato tranquillizza Bruxelles sulla manovra, sottolineando che “al momento” non ci saranno ulteriori incrementi di spesa nella manovra di bilancio, dall’altro si lascia la porta aperta aggiungendo che se in futuro “vi sarà bisogno di avere più risorse, ricorrendo a ulteriore deficit, noi metteremo i denari necessari”.
Renzi ribadisce l’intenzione di intervenire non solo sulla ricostruzione delle zone colpite dal sisma: “Se un sindaco di un comune non terremotato, dal Piemonte alla Calabria, oggi è nelle condizioni di dover mettere a posto la propria scuola, io dico di fare il progetto”, ripete, assicurando che “i denari li liberiamo perché sono fuori dal Patto di stabilità”.
La messa in sicurezza del territorio dal rischio sismico non è una di quelle circostanze eccezionali che, in virtù dei trattati, possono giustificare il mancato rispetto dei vincoli europei di bilancio. Ciononostante, secondo Renzi, “un Paese che ha avuto tre terremoti in 7 anni, è evidente che abbia una situazione d’emergenza”. Quindi, è il corollario del suo ragionamento, anche le risorse spese in zone non colpite dal terremoto dovranno essere considerate fuori dal computo del deficit. “Non si viola il patto di stabilità perché questi soldi sono fuori dal patto di stabilità, compresi quelli per l’edilizia scolastica”, sintetizza l’inquilino di Palazzo Chigi.
Quanto al conflitto in corso tra il governo e la Commissione europea sui conti pubblici, Renzi minimizza: “La frizione c’è sempre, se diamo retta al continuo chiacchiericcio che si sviluppa non attraverso documenti ufficiali ma attraverso le indiscrezioni sussurrate a un giornalista”. In altre parole, continua, “è una grandissima bolla mediatica”.
Non è una bolla, invece, la polemica scoppiata la scorsa settimana con il premier ungherese Victor Orban. Renzi ci torna per confermare l’intenzione di porre il veto sul bilancio pluriennale dell’Ue per il periodo 2021-2027, se non ci saranno penalizzazioni per quei Paesi che non rispettano gli accordi sulla gestione condivisa dell’immigrazione.
Nel bilancio per il 2014-2020, sottoscritto “quando c’era (Mario) Monti” alla presidenza del Consiglio, ricorda il premier, è previsto che l’Italia versi 20 miliardi ottenendone indietro 12. Si tratta a suo avviso di “un meccanismo con cui Orban va a nozze”, perché “i Paesi dell’Est recuperano dalle tasse italiane ciò che serve loro”. Però “quei Paesi non possono pensare di prendere soltanto”, avverte Renzi, promettendo che nelle trattative per il bilancio 2021-2027, se al posto di “un’Italia dei tecnici” ci sarà “un governo di politici” al tavolo negoziale, a quegli stessi Stati “si potrà dire: è finita la pacchia”.