Bruxelles – A causa della Brexit, o meglio, della scelta politica del governo di interpretare il voto referendario come chiusura delle frontiere, alcune università di fama mondiale del Regno Unito potrebbero perdere il loro diritto di reclutare un ampio numero di studenti internazionali. Calerebbe così la qualità dei laureati, perché non si potrebbero selezionare i migliori studenti potenziali in tutto il mondo, calerebbero le entrate economiche delle università, dunque diminuirebbe la qualità dell’insegnamento e calerebbe infine la qualità dei professionisti formati in Gran Bretagna.
Il ministro degli Interni britannico, Amber Rudd, ha dichiarato durante il suo discorso alla conferenza del partito conservatore del mese scorso che, secondo nuovi piani del Home Office, verranno probabilmente messe in atto delle restrizioni per i ragazzi stranieri che decidono di studiare nel Regno Unito. I nuovi piani comprenderebbero nuove norme sui visti per le università considerate di “lower quality” (qualità inferiore) e si teme che il governo introdurrà anche nuove e controverse classifiche di insegnamento per suddividere le istituzioni in categorie “gold, silver or bronze” (oro, argento o bronzo), poste per giudicare la qualità delle università e il diritto di accettare più o meno ragazzi stranieri.
Secondo Universities UK, un’organizzazione dei rettori universitari britannici, gli studenti stranieri portano più di 10,7 miliardi di sterline nelle casse del Regno Unito e gli studenti internazionali non comunitari costituiscono il 13% dei ricavi delle università del paese. Le università sono molto preoccupate per la possibile introduzione da parte del Home Office del Teaching Excellence Framework (quadro di riferimento per l’eccellenza nell’insegnamento), il nuovo sistema di ranking dell’insegnamento nelle università, che oltre a valutarne la qualità stabilirebbe anche quali istituzioni dovranno cessare o limitare l’accesso di studenti stranieri nelle loro aule. Tutto questo potrebbe avere conseguenze molto gravi su alcune università di ricerca che rappresentano delle eccellenze riconosciute a livello mondiale, le quali potrebbero rischiare di non classificarsi bene nei nuovi ranking di insegnamento a causa della loro dimensione ridotta e ad un sistema di classifica che in sostanza pesa anche il numero di studenti.
Il Tef classificherà l’insegnamento universitario sulla base di alcuni fattori tra cui le percentuali di studenti che dopo la laurea riescono a trovare un lavoro in linea con le loro qualifiche e il giudizio degli studenti sulle università nella National Student Survey, un sondaggio annuale che pubblica le opinioni degli alunni sulla qualità delle istituzioni universitarie del Galles, Inghilterra e Irlanda del Nord. Università come la London School of Economics (Lse), che si colloca ogni anno fra le università migliori d’Europa in altre classifiche, rischiano di non raggiungere degli altrettanto alti risultati nel Tef. Nella Lse gli studenti internazionali rappresentano il 70% degli alunni e limitarne l’accesso avrebbe un effetto enorme sui bilanci dell’università.
Il rettore di un’università del Russell Group ha dichiarato che “il discorso di Rudd si riferiva principalmente sulla qualità dei corsi e delle istituzioni. Come si può misurare la qualità nell’insegnamento in un modo che non sia impugnabile nei tribunali? Si utilizza il Teaching Excellence Framework (Tef). Ma alcune università appartenenti al Russell Group non raggiungono buoni risultati nel Tef. E questo significa che probabilmente si arriverà ad uno scontro”.
Edward Byrne, presidente e rettore del King’s College di Londra dice che il King’s sostiene il Tef ma aggiunge che “non è giusto collegare il Tef alla regolazione del reclutamento di studenti internazionali in quanto non è stato progettato per questo scopo. Danneggerebbe l’attrattiva del Regno Unito come destinazione di studio”. Byrne aggiunge che il King’s ha elevati standard di ammissione ugualmente rigorosi sia per gli studenti nazionali sia per quelli internazionali e “le richieste presso il nostro istituto da parte di ottimi studenti da tutto il mondo sono numerosissime”.
Nel suo discorso Rudd ha insistito sul fatto di essere “appassionatamente impegnata a fare in modo che le nostre istituzioni leader a livello mondiale siano sempre in grado di attrarre i più brillanti e i migliori”, ma ha aggiunto che “un sistema d’immigrazione studentesca che tratta tutti gli studenti e le università in egual maniera punisce coloro che dovremmo desiderare di aiutare”.
Colin Riordan, rettore della Cardiff University, sostiene che “cercare di limitare il numero di studenti stranieri che entrano in questo paese perché contribuiscono al numero di migranti non ha alcun senso. Il popolo britannico non vede gli studenti come dei migranti o come un problema”. L’arresto del reclutamento universitario per gli studenti stranieri sarebbe, secondo Riordan, “un colpo assolutamente devastante. Ridurrebbe estremamente la diversità che conta moltissimo. Si ridurrebbero anche gli standard, dal momento che è nostro compito reclutare gli studenti migliori, ovunque essi si trovino. E gli effetti finanziari sarebbero gravi”.
Nelle prossime settimane nel Regno Unito si assisterà ad una vera e propria battaglia quando la questione verrà discussa dai rettori in una riunione del Consiglio delle università del Regno Unito. I rettori temono che se un istituto subisce grossi tagli potrebbe danneggiare la reputazione di tutto il settore all’estero, specialmente se tale istituzione rappresenta una delle eccellenze del Regno Unito.