Tutte le prime pagine dei quotidiani coreani oggi sono unanimi. Nei titoli e nei contenuti: Yoon Chang-jung ha fatto fare una figuraccia al paese. Durante la prima visita negli Stati Uniti del Presidente sudcoreano Park Geun-hye dall’inizio della crisi dei missili di Pyongyang, il suo portavoce Yoon Chang-jung ha gettato nel più totale discredito la delicate missione diplomatica perché una donna di origini coreane lo accusa di “averle palpato le chiappe senza il suo permesso”. Il portavoce è stato costretto a lasciare in fretta e furia il territorio statunitense per evitare di essere incriminato e appena rientrato a Seoul è stato licenziato in tronco. Innanzitutto varrà la pena di riflettere sull’aspetto etico della questione, perché questo episodio ci insegna molto e aiuta a mettere a fuoco la linea di demarcazione fra avances e molestia sessuale. Sembra dunque che palpare le chiappe non sia una molestia se accompagnato da permesso, almeno in America. Sarà però raccomandabile chiederne uno scritto, per evitare sorprese. Siamo sollevati: la mano morta ha ancora un futuro, almeno col disclaimer. Ma la questione suscita un palpabile disagio in Corea dove oggi tutto il dibattito di media, social networks e opinione pubblica in generale ruota attorno al dilemma: gli americani ci giudicheranno male per questo? No, insorgono in molti, il gesto di uno scalmanato non puo` compromettere l’immagine di tutto un popolo! Gli americani sapranno fare la differenza e capiranno che Yoon Chang-jung non rappresenta tutti i coreani, dice la voce del popolo. The Korea Times approfondisce quella che sembra ormai anche una riflessione sulla mentalità e sul costume. “In Corea tendiamo a generalizzare. Per esempio se un italiano facesse qualcosa di male in Corea, la gente potrebbe mettersi a provare sentimenti di disgusto per l’Italia tutta intera. Ma per gli americani questo sarebbe assolutamente assurdo.” E qui viene la stoccata. Per una volta che un episodio di incontinenza sessuale di un politico non ci riguardava minimamente, rieccoci tirati in ballo. Perché di tutti i popoli che si potevano citare per corroborare questo ragionamento The Korea Times tira fuori proprio noi? Viene perfino da pensare che ci sia qualche pregiudizio. Vuoi mai che a forza di dai e dai ci siamo fatti una brutta reputazione? Sbarcato stamattina a Seoul me ne sto buono, buono, seduto in treno senza disturbare, dico “scusi” e “grazie” a chiunque profondendomi in inchini e mi lascio mansuetamente passare davanti da tutti alla coda del check-in. E soprattutto, mani in tasca, sulla nuca o attaccate alle maniglie della valigia. Sia mai che passi una chiappa, anche solitaria, irascibile o prevenuta. Qui ne va della reputazione di tutto il paese!
Diego Marani