Bruxelles – Le Ong ambientali Oceana, Seas at Risk e WWF esortano la Commissione europea a valutare con rigore l’azione degli Stati membri dell’Ue nella protezione dei propri oceani, ed esortano gli Stati membri ad adempiere all’obbligo di tutela di quelle aree che ospitano le specie marine più a rischio in Europa. Questo appello viene diffuso alla vigilia dell’incontro dell’Ue, il primo in sei anni, per identificare le lacune che devono essere colmate legalmente nella rete Natura 2000 delle aree protette nelle acque dell’Atlantico, della Macaronesia e del Mediterraneo.
La rete Natura 2000, istituita dalle Direttive europee Natura, è il principale strumento per la protezione delle specie e degli habitat in tutta Europa.Eppure, ventiquattro anni dopo la sua istituzione, le aree marine protette da Natura 2000 coprono solo il 4% delle acque, una percentuale molto inferiore all’obiettivo del 30% che gli scienziati a livello internazionale considerano necessario per mantenere il mare in salute a lungo termine. Oggi, la rete presenta ancora significative carenze: per esempio, un numero sproporzionato di aree marine protette si trova sottocosta, mentre la protezione delle zone in mare aperto, oltre le 12 miglia, presenta ampie lacune. I siti Natura 2000 tutelano in totale solo l’1,7% delle acque in alto mare dell’UE, lasciando senza protezione un’ampia varietà degli ecosistemi e specie situati a maggiore profondità.
“Il completamento della rete marina Natura 2000 è atteso da troppo tempo per garantire che la biodiversita’ sia protetta per le generazioni future e che le specie e gli habitat a rischio possano riprendersi dalla pressione crescente rappresentata dal cambiamento climatico e dallo sfruttamento eccessivo del mare attraverso la pesca. I paesi dell’Atlantico nordorientale hanno dichiarato come protette solo il 2% delle acque in mare aperto. La situazione nel Mediterraneo è ben peggiore, il 99,9% delle acque in alto mare rimane non protetto,” afferma Lasse Gustavsson, direttore esecutivo di Oceana in Europa.
L’incontro sarà incentrato in particolare su quegli Stati membri che non proteggono in modo soddisfacente le specie minacciate, come i tursiopi e le tartarughe Caretta caretta, e gli habitat a rischio, come scogliere e banchi di sabbia. Tra gli Stati membri più in ritardo riguardo agli sforzi in materia di tutela ambientale troviamo Cipro, Grecia, Italia, Portogallo, Spagna e Slovenia.
“La lentezza nell’affrontare le restanti lacune nella tutela da parte di alcuni Stati membri pregiudica dell’efficacia dell’intera rete di aree marine protette, compromettendo i significativi sforzi già realizzati dagli altri Stati. Con la ricchezza di nuovi dati disponibili, non c’è motivo di posticipare le tutele necessarie per sostenere i principali habitat a rischio e il recupero delle diverse specie,” dichiara Alice Belin, addetto della politica marina a Seas at Risk.
Il rapporto del 2015 dell’Agenzia europea dell’ambiente mostra che la maggior parte della vita marina protetta dalla rete Natura 2000 si trova ancora in condizioni difficili o ignote, mentre solo il 7% delle specie marine e il 9% degli habitat si possono considerare in stato di buona conservazione.
“Il 2020 è una scadenza decisiva per la tutela dell’ambiente marino europeo, è l’anno in cui i nostri mari dovrebbero essere in un buono status ambientale e le nostre zone di pesca dovrebbero essere gestite in modo sostenibile. L’istituzione di una rete completa e correttamente gestita di aree marine protette è essenziale per ottenere entrambi i risultati,” aggiunge Stephan Lutter, addetto della politica delle Aree Marine Protette del WWF.