Ségol (Ces): “Se si continua con l’austerità i cittadini abbandoneranno il progetto europeo”
Beyrer (BusinessEurope): “Non ci sono alternative alle politiche messe in campo finora”
Anche a Bruxelles arriva la concertazione. Per la prima volta nella storia dell’Unione europea il collegio dei commissari ha incontrato tutte le parti sociali insieme, da una parte i sindacati e dall’altra i rappresentanti della Confindustria e delle Piccole e medie imprese. A palazzo Berlaymont ormai, per ammorbidire gli animi dei cittadini stanchi di “Rigore e “Austerità”, si parla tanto di “Crescita” ed “Equità”, ma non sembra che si sia per il momento capaci di passare dalle parole ai fatti. E così l’esecutivo comunitario sperava di ricavare da questo incontro utili spunti per le politiche future, e invece si è trovato di fronte a posizioni diametralmente opposte e a quanto pare inconciliabili.
Secondo il Presidente José Manuel Barroso, si è trattato comunque di una discussione “particolarmente opportuna” perché in occasione del Consiglio europeo di giugno, verranno presentate “le possibili misure e una roadmap con scadenze precise sul futuro dell’Unione economica e monetaria”. Secondo Barroso “in un’economia sociale di mercato” come quella europea, “la dimensione sociale è importante quanto il mercato”. Per questo a suo avviso il dialogo è essenziale e anzi deve essere esteso anche coinvolgendo “le parti sociali a livello nazionale”, perché “questa è la chiave di questo processo e dovrebbe essere ulteriormente sviluppato” per riportare “l’Europa sulla via della crescita e dell’occupazione”.
Sulle ricette però le posizioni si sono rivelate piuttosto distanti. Secondo Bernadette Ségol, segretario generale della Confederazione europea dei sindacati (Ces) “non si può avere una dimensione sociale senza un cambio radicale nelle politiche di austerità messe in atto adesso nell’Ue”. Per Ségol “è essenziale che la tabella di marcia sulla dimensione sociale che sarà prodotto dal Consiglio europeo di giugno sia più di una soluzione cerotto”. E per fare questo “non si deve evitare il nocciolo della questione”, ovvero il fatto che “le politiche di austerità stanno erodendo il tessuto sociale delle nostre società”. Se non si cambierà strada, secondo la sindacalista, non solo non sarà possibile “il sostegno dei sindacati per il progetto europeo”, ma verrà meno “anche il consenso dei lavoratori e dei cittadini allo stesso progetto dell’Unione”.
Ma su questo punto il direttore generale di BusinessEurope, la Confindustria europea, Markus J. Beyrer, si è mostrato di tutt’altro avviso: “Non ci sono alternative alle politiche messe in campo dall’Ue” e anzi, la strada del risanamento è ancora lunga, e su questo è necessaria la massima chiarezza, “non possiamo dire alla gente che ci saranno soluzioni semplici, è un lavoro che andrà avanti ancora per 10-20 anni” ha dichiarato. Le colpe di questa situazione non sono le risposte alla crisi, “ma le politiche che fino a 10 anni fa ci hanno portato a questa situazione”, afferma il direttore generale. E ora bisogna essere inflessibili: “Se la Commissione o il Consiglio mostreranno compiacenza verso le scelte di consolidamento fiscale nazionale o daranno l’impressione che alcuni Paesi possono cavarsela le riforme insufficienti, l’intero progetto europeo potrebbe essere in pericolo questa volta”. Per Beyrer il punto su cui bisogna mettersi d’accordo è “come bilanciare solidarietà e responsabilità”. In questo senso “il dialogo sociale è importante e parte della soluzione”. “Io vengo da un Paese, l’Austria, in cui il dialogo sociale è molto avanzato” ha affermato, aggiungendo però che “il coinvolgimento delle parti sociali non deve ritardare ingiustificatamente il processo decisionale”.
Gunilla Almgren, presidente della European Association of Craft, Small and Medium-sized Enterprises (Ueapme), la confederazione delle Pmi, ha infine posto invece l’accento sul problema del credito: “L’accesso alla finanza è cruciale per la sopravvivenza delle Piccole e medie imprese, senza non vedremo crearsi il nuovo lavoro di cui l’Europa ha bisogno”. E per liberare il potenziale economico dell’Ue c’è bisogno anche di ridurre la burocrazia: “I carichi amministrativi sono troppi e dobbiamo liberarcene”.
Alfonso Bianchi
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