Bruxelles – Il commercio elettronico sta crescendo rapidamente, ma alcune pratiche rischiano di incidere sulla concorrenza e limitare le scelte dei consumatori. Per questo, a seguito di un’indagine settoriale, la Commissione europea ha elaborato una relazione preliminare in cui fa un quadro della situazione attuale e ne analizza le possibili distorsioni.
“Le imprese devono essere libere di determinare le proprie strategie di vendita online. Al tempo stesso, le autorità antitrust devono garantire che non vengano attuate pratiche commerciali anticoncorrenziali tali da impedire ai consumatori europei di beneficiare appieno dei vantaggi offerti dal commercio elettronico in termini di maggiore scelta e prezzi più bassi”, ha dichiarato Margrethe Vestager, commissaria europea responsabile della politica di concorrenza.
La Commissione ha avviato un’indagine settoriale sul commercio elettronico nel maggio 2015 nell’ambito della strategia per il mercato unico digitale, per individuare eventuali problemi di concorrenza sui mercati europei. Nel corso dell’indagine, la Commissione ha raccolto i dati di circa 1.800 imprese che effettuano il commercio elettronico di beni di consumo e di contenuti digitali e ha esaminato circa 8.000 contratti di distribuzione. La relazione preliminare pubblicata oggi illustra i primi risultati su tali questioni.
Risultati principali
La relazione preliminare conferma la crescente importanza del commercio elettronico. Nel 2015 oltre la metà dei cittadini adulti dell’Ue ha ordinato beni o servizi online e in alcuni Stati membri il numero sale a più di otto su dieci. Ampliando le scelte dei consumatori e la loro capacità di trovare le offerte migliori, il commercio elettronico è un importante stimolo alla trasparenza e alla concorrenza sui prezzi. La trasparenza vale anche sul versante dell’offerta: la relazione rileva, ad esempio, che oltre la metà dei venditori al dettaglio segue i prezzi dei concorrenti e la grande maggioranza reagisce alle loro variazioni di prezzo.
La relazione individua anche alcune pratiche commerciali che possono limitare la concorrenza online, e dovrebbe costituire un incentivo per le imprese a rivedere i loro contratti di distribuzione in corso, e a conformarli, se necessario, alle norme dell’Ue in materia.
Vendita online di beni di consumo
I produttori hanno reagito alla crescita del commercio elettronico adottando una serie di pratiche per controllare meglio la distribuzione dei loro prodotti e il posizionamento dei loro marchi. Si è diffuso il ricorso a sistemi di distribuzione selettiva in cui i prodotti possono essere venduti soltanto da rivenditori autorizzati preselezionati e sempre più spesso i produttori vendono i loro prodotti direttamente ai consumatori online.
Inoltre, i produttori applicano sempre più spesso restrizioni contrattuali delle vendite nei loro accordi di distribuzione. Riguardo ai venditori al dettaglio, la relazione constata che:
- oltre due su cinque ricevono dai produttori una qualche forma di raccomandazione o di restrizione sui prezzi;
- circa uno su cinque è soggetto a restrizioni contrattuali per la vendita sulle piazze online;
- circa uno su dieci è soggetto a restrizioni contrattuali per l’offerta di siti di comparazione dei prezzi;
- oltre uno su dieci riferisce che i suoi fornitori impongono restrizioni contrattuali alle vendite transfrontaliere.
In linea generale, questi tipi di restrizioni contrattuali delle vendite possono, in determinate circostanze, ostacolare gli acquisti transfrontalieri e gli acquisti online e, in pratica, danneggiare i consumatori, impedendo loro di beneficiare di una scelta più ampia e di prezzi più bassi nel commercio elettronico.
Contenuti digitali
La disponibilità di licenze da parte dei detentori di diritti d’autore sui contenuti è essenziale per i fornitori di contenuti digitali e rappresenta un fattore determinante per la concorrenza sul mercato.
La relazione rileva che gli accordi di licenza sui diritti d’autore sono complessi e spesso esclusivi. Tali accordi stabiliscono quali territori, tecnologie e finestre di distribuzione possono utilizzare i fornitori di contenuto digitale.
Nel marzo 2016 la Commissione ha pubblicato i primi risultati sulla questione del geoblocking, che è risultata essere una pratica ampiamente diffusa nel commercio elettronico in tutto il territorio dell’Unione, soprattutto per quanto riguarda i contenuti digitali. Oltre il 60% degli accordi di licenza presentati da titolari di diritti è limitato al territorio di un unico Stato membro. Quasi il 60% dei fornitori di contenuto digitale che hanno partecipato all’indagine ha convenuto contrattualmente con i titolari dei diritti di applicare il geoblocking.
Se è il risultato di accordi tra fornitori e distributori, il geoblocking può limitare la concorrenza nel mercato unico in violazione delle norme antitrust dell’Ue. Per adottare provvedimenti in ambito di concorrenza nei confronti del geoblockig, occorre effettuare una valutazione caso per caso, che comprenda anche un’analisi delle possibili giustificazioni delle restrizioni individuate.
Prossime tappe
La relazione preliminare è stata sottoposta a una consultazione pubblica per un periodo di due mesi. Le parti interessate sono invitate a presentare osservazioni sui risultati dell’indagine settoriale o informazioni complementari e a sollevare ulteriori questioni.
La Commissione prevede di pubblicare la relazione finale nel primo trimestre del 2017.