Bruxelles – Una lettera lunga, divisa in ben nove punti, al posto dell’usuale paginetta. Donald Tusk, plasticamente, dopo averli incontrati tutti in un notevole tour de force, nella sua lettera di invito ai capi di Stato e di governo dell’Ue (Gran Bretagna esclusa) dimostra quanto è complicato il prossimo vertice a ventisette che si terrà a Bratislava venerdì, dove il convitato di pietra non è tanto Londra, quanto il fantasma di un’Unione che rischia di disgregarsi sotto il peso delle sue inefficienze.
Il presidente del Consiglio europeo, senza molta fantasia ma lanciandosi in un riferimento culturale noto ovunque, spiega che a Bratislava non si potrà cambiare tutto perché tutto resti come prima (e cita, esplicitamente, il Gattopardo e il suo autore), ma dice che dopo il disperato segnale arrivato dai cittadini Britannici qualcosa va fatto. Non ha il coraggio di parlare di cambiamenti radicali, ma di “revisioni” sul funzionamento e gli obiettivi dell’Unione sì.
“Credo che sia importante che noi facciamo una valutazione onesta della situazione attuale per fornire la migliore base possibile per costruire il nostro futuro insieme”. Inizia così la lettera di invito nella quale, tanto per usare aggettivi oramai consumati ricorda che “ci incontriamo a Bratislava in un momento particolarmente storico”, dopo che per la prima volta un Paese ha deciso di lasciare l’Unione, e dunque “in questi tempi turbolenti segnati da crisi e conflitti, ciò di cui abbiamo bisogno più che mai è una conferma del senso della nostra comunità, che festeggerà il suo 60° anniversario nel giro di pochi mesi”.
Poi Tusk ribadisce che “non c’è nessuno negoziato senza la notificazione” della decisione di abbandono, quella prevista dall’articolo 50 del Trattato di Lisbona, ma anche che nel “proteggere gli interessi dell’Unione” si dovranno “stabilire le migliori relazioni possibili con il Regno Unito”. Secondo Tusk “sarebbe un errore fatale supporre che il risultato negativo del referendum del Regno Unito rappresenti un problema specificamente britannico”, ma è piuttosto vero che “il voto Brexit è un disperato tentativo di rispondere alle domande che milioni di europei si pongono tutti i giorni”.
Tusk elenca le ragioni di preoccupazione dei cittadini europei, “il caos” dell’immigrazione, il terrorismo e “la promessa di un giro di vite contro il terrorismo spietato è diventato uno dei principali slogan di estremisti di destra”, mentre “il fatto che nonostante i nostri sforzi non è stato possibile prevenire una serie di attacchi rende la loro retorica anti-europea e antidemocratica ancora più attraente”. Il presidente del Consiglio europeo ricorda poi che “i nostri cittadini si aspettano anche che l’Unione europea protegga meglio i loro interessi economici e sociali”.
I vertice di Bratislava, dice il presidente polacco “dovrà quindi anche fornire una road map per impegni importanti come lo sviluppo economico e sociale, l’occupazione e le opportunità per i giovani, il mercato unico, l’agenda digitale e gli investimenti”. Dopo il voto Brexit, dice Tusk, “business as usual non è un’opzione. Possiamo o uscire da questa crisi più deboli e conflittuali, o più forte e più unito… Lo slogan ‘meno potere a Bruxelles’ – ripete quasi disperato il polacco -, che suona attraente in campagne elettorali, si dovrebbe tradurre in più responsabilità verso l’Unione nelle capitali nazionali”. Secondo Tusk il senso “di responsabilità verso”l’Unione non è altro che la disponibilità a sacrificare una parte di un proprio interesse per il bene della comunità”.
E Tusk conclude con la letteratura italiana. “Oggi non siamo nella situazione degli eroi del Gattopardo, un romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Non dobbiamo cambiare tutto, se vogliamo che tutto rimanga com’è. Dobbiamo correggere una serie di cose al fine di preservare il meglio…. dobbiamo essere pronti a prendere difficili, ma in realtà semplici decisioni. Non si tratta di nuovi trattati o modifiche procedurali. Quello che ci serve è una forte volontà politica e immaginazione. E ‘giunto il momento di raccogliere la sfida. In realtà, non c’è altro modo”.