Lo scheletro col cranio rotto come se il cervello gli fosse stato mangiato: bestia o cannibale?
Un ‘delitto irrisolto’ di 51mila anni fa permette di chiarire alcune abitudini dei Neanderthal in Italia
“Ma non è un po’ strano che una iena all’improvviso, dopo migliaia e migliaia d’anni che s’è portata solo carcasse d’animali nella sua tana, un giorno finalmente si porti a casa un cranio umano, gli allarghi il foro occipitale per mangiarsi il cervello esattamente come fanno anche i cannibali (e fin qua non ci sarebbe ancora niente da ridire), ma poi ci costruisca un cerchio di pietre attorno, ci lasci cadere il cranio dentro ed in quel preciso e stesso istante scatti una frana che chiude la grotta e venga giù tutto il monte Circeo come neanche nell’Isola misteriosa di Giulio Verne?”.
Con questa domanda lo scrittore Antonio Pennacchi presentava tre anni fa il suo libro Le iene del Circeo, destinato a riaprire la diatriba mai sopita su uno degli omicidi più antichi della storia dell’Europa e dell’umanità: quello dell’Uomo di Neanderthal il cui cranio è stato rivenuto nella Grotta Guattari a San Felice Circeo (paese sul litorale laziale a Sud di Roma) dallo studioso Alberto Carlo Blanc il 25 febbraio del 1939.
Il teschio secondo la testimonianza del Blanc era posto al centro di un cerchio di pietre, aveva un vistoso e largo foro nella parte inferiore e un secondo foro più piccolo sotto l’orbita destra. Sfortuna volle che al paleontologo, passato di lì durante il suo viaggio di nozze e informato dall’amico che possedeva il terreno del ritrovamento fatto da un suo operaio, mancava il magnesio per fare le fotografie nel buio della grotta con il flash dell’epoca. Questa circostanza è all’origine della discussione scientifica sulle cause della morte del cosiddetto Uomo del Circeo. Blanc si dovette accontentare di disegnare l’esatta posizione del cranio e il cerchio di pietre che lo circondava, prima di portare il reperto in un luogo più sicuro.
Così descrisse poi il momento del ritrovamento: “Il teschio… giaceva quasi al centro dell’antro, verso il fondo, assieme ad ossa di cervidi, suidi ed equidi, scheggiate, tra alcune pietre disposte circolarmente. Quando io lo vidi, il cranio giaceva sulla sua calotta con la base rivolta in alto. Ma il Guattari mi disse che lo aveva preso tra le mani e che non escludeva di averlo rimesso al posto in posizione diversa da quella in cui originariamente si trovava, ché anzi si ricordava di aver visto in primo luogo la rotondità della calotta. Questa affermazione e la naturale distribuzione delle concrezioni calcaree aderenti al cranio – proseguiva Blanc – mi fanno ritenere che esso riposasse con la parte occipitale in alto…. Decisi di asportarlo, giudicando imprudente di lasciarlo ulteriormente sul posto, tanto più che numerose persone…erano penetrate prima di me nella grotta e ne avevano già asportato varie ossa”.
Ma chi aveva ucciso quell’europeo preistorico, disponendo il suo cranio in un modo così singolare, oltre 51mila anni fa? Per mezzo secolo, dal 1939 al 1989 la teoria dominante è rimasta quella dello scopritore, che per altro era un insigne, anche se giovane, paleontologo dell’epoca: si era trattato di un uccisione rituale da parte di altri Neanderthaliani, i quali avevano ammazzato l’Uomo del Circeo con un colpo alla base dell’occhio destro e ne avevano poi allargato il foro che collega la testa al collo per mangiare il cervello, secondo un antichissimo rito cannibale. Blanc studiava gli indigeni di varie popolazioni dell’epoca e aveva trovato tracce di usanze simili in numerose popolazioni della Melanesia. Peraltro, nella storia degli uomini di Neanderthal il cannibalismo è oggi ben documentato da altri ritrovamenti ossei in Francia e Croazia.
Ma cinquant’anni esatti dopo la sua scoperta, nel 1989 il cranio del Circeo conobbe un nuovo interesse. Quell’anno fu infatti organizzato un convegno internazionale dal titolo “The Fossil Man of Monte Circeo: Fifty Years of Studies on th Neandertals in Latium”. Giunsero a San Felice studiosi da tutto il mondo e gli americani, capitanati da Tim D. White e Nicholas Toth, effettuarono nuove analisi sul teschio con i moderni strumenti scientifici della tafonomia – lo studio delle paleosuperfici. Questo permise una datazione precisa del reperto, ma convinse anche gli statunitensi che il Neanderthal fosse stato ucciso molto più semplicemente da un branco di iene, che all’epoca vivevano numerose in quella zona. Il foro sul teschio presentava infatti segni dei denti di questi animali, mentre sembravano assenti le tracce dell’utilizzo di un qualsiasi utensile umano per l’assassinio. Inoltre le altre ossa di animali preistorici presenti nella grotta mostravano a loro volta i segni delle fauci delle iene, segno che l’antro era stato da loro utilizzato come tana.
Da allora quella delle iene è diventata la tesi dominate sulla fine dell’Uomo del Circeo, da cui l’ironico titolo del libro di Pennacchi. Tuttavia avvalorare questa teoria significava anche mettere in dubbio la correttezza scientifica di Carlo Alberto Blanc. Come spiegare infatti il cerchio di pietre, ancora oggi ben visibile a chi visiti Grotta Guattari? “Ce ne sono diversi di cerchi in quel suolo cosparso di pietre – afferma il paleoantropologo Giorgio Manzi della Sapienza di Roma – e quello del cranio è forse solo l’ultima… pozzanghera dove il resto umano, a seguito dei ricorrenti allagamenti e prosciugamenti della grotta, è andato infine a depositarsi”. Rimane il fatto che, osservando il sito dal vivo come abbiamo fatto noi, sembra difficile che quel cerchio sia stato creato da cause naturali.
Come Manzi e come la gran parte dell’attuale establishment scientifico, anche Michelangelo La Rosa, responsabile della Fondazione Marcello Zei di S. Felice Circeo, che da anni si occupa insieme alla Soprintendenza del sito archeologico di Grotta Guattari, si dice convinto della teoria della iena di White.
“Sulla superficie della grotta non sono stati ritrovati strumenti di pietra, – ci dice. – Nei livelli sottostanti invece, di 75mila anni fa, ci sono molti strumenti di pietra di Neanderthaliano. Il cranio però è stato datato circa 51mila anni fa, all’epoca in cui di strumenti nella grotta non ve ne sono”. Da questo fatto e dall’assenza di segni riconducibili ad eventuali armi primitive usate contro l’Uomo del Circeo, La Rosa trae la conclusione che esso sia effettivamente stato ucciso dalle iene.
“Tuttavia l’Uomo di Neanderthal era cannibale – ammette La Rosa – In Francia ci sono grotte con ossa Neanderthaliane con evidenti segni di strumenti di pietra con cui l’uomo le aveva scarnificate. Anche a Krapina in Croazia ce ne sono, e in Spagna a El Sidron”. Insomma il progenitore più antico di noi europei si cibava anche di carne umana, per lo meno in particolari circostanze.
E qui occorre aprire una parentesi: in effetti come ci ha spiegato anche La Rosa, l’Uomo di Neanderthal è proprio il primo uomo d’Europa. Infatti l’Homo Sapiens è originario dell’Africa ed è giunto nel nostro continente solo in un secondo tempo, a partire da circa 44mila anni fa, colonizzandolo poi progressivamente. Dice: ma noi europei non discendiamo dal Neanderthal. Non è del tutto vero: “Nel nostro D.n.a. – conferma La Rosa – c’è dall’1% al 4% di geni di Neanderthal, a causa di antichi incroci saltuari”.
E c’è di più. Il nostro Uomo del Circeo in particolare aveva una caratteristica strana: era vecchissimo. “Cinquantacinque-sessant’anni, un vero e proprio record per l’epoca. – conferma Matteo di Prospero, cultore della materia ed ex guida alla Grotta Guattari. “La grotta [all’epoca dell’ominide, n.d.r.] era frequentata, ma non abitata – prosegue di Prospero. “Che cosa ci facevano i Neanderthal? E siamo sicuri che la grotta sia stata sigillata per cause naturali e non piuttosto umane? Della serie, mettiamo il cranio là e non deve più uscire? Forse quell’uomo così anziano per l’epoca era dominante e qualcuno della sua famiglia l’ha ucciso per questo. Il foro sullo zigomo destro ha tutta l’aria di un colpo ricevuto. E poi – conclude lo studioso – Perché il Blanc non avrebbe fotografato il cerchio di pietre, se davvero l’avesse fatto lui?”
Sulla superficie della grotta sono state ritrovate anche due mandibole, una all’epoca di Blanc e l’altra negli anni ’50, che hanno preso il nome di Circeo II e Circeo III. Ma gli studiosi non sono concordi nemmeno sul fatto che Circeo II sia la mandibola mancante al cranio (che è conosciuto fra gli addetti ai lavori come Circeo I). Questo rende bene l’idea dello stato attuale delle cose.
Altre grotte del paese pontino contenevano reperti preistorici, segno che la zona era tutta abitata da ominidi. La grotta del Fossellone, che affaccia sul mare, ha rivelato la mandibola di un bambino. La grotta Breuil, lì vicino, conteneva resti di animali con scalfiture riconducibili ad operazioni di caccia da parte degli uomini primitivi e resti di industria litica musteriana, quindi di armi costruite dai Neanderthal. Lo stesso l’adiacente grotta delle Capre. Proprio le scalfiture che sembrano mancare sul cranio del Circeo. Ma la iena potrebbe aver rosicchiato il cranio dopo, coprendo i segni di rottura delle ossa causati dall’uomo.
Pennacchi nel suo libro porta infine a sostegno dell’ipotesi Blanc la testimonianza di Ajmone Finestra, un federale che da ragazzo era entrato nella grotta da un pertugio e aveva visto il cranio proprio come lo disegnerà poi Blanc un giorno prima di lui. La testimonianza di Finestra concorda con quella di Damiano Bevilacqua, l’elettricista del Guattari che fu il primo ad aprire la grotta e vedere il cranio.
Insomma di elementi a sostegno dell’una o dell’altra ipotesi ce ne sono vari. Del resto, come racconta lo stesso Pennacchi che era presente al convegno del 1989 e anche a quello che seguì nel 2006, che ribadì la stessa tesi ufficiale della iena, non tutti gli studiosi erano d’accordo con questa linea, ma soprattutto i vecchi paleontologi italiani erano alquanto perplessi.
“Negli ultimi anni i Neanderthaliani sono stati rivalutati come specie – dice Di Prospero – Si è scoperto che usavano il fuoco. In Francia e Spagna sono state anche ritrovate sepolture, addirittura con pollini fossili, ovvero resti di fiori”. Il professor Manzi conferma questa teoria: “Nell’immaginario collettivo il Neanderthal passa un po’ come l’uomo delle caverne, una specie di scimmione primitivo. In realtà erano uomini piuttosto sofisticati – conferma lo studioso – e avevano un cervello molto grande. Le dimensioni medie dei cervelli neandertaliani sono più grandi delle nostre. Tuttavia le loro caratteristiche consentono di identificarli come una specie diversa dalla nostra. E loro si sono estinti, noi no”.
Ma un’altra corrente scientifica sostiene invece l’estrema primitività del Neanderthal e la contrappone all’incredibile evoluzione dell’Homo Sapiens. Ammettere che i Neanderthaliani del Circeo avessero messo in piedi un rituale così complicato per uccidere un loro simile, forse il loro capo, e poi cibarsene per assumerne le caratteristiche psicofisiche – il coraggio, la longevità, la forza, l’intelligenza, ecc. – significherebbe avvalorare la teoria degli scienziati che sostengono invece il buon grado di evoluzione di questa antichissima e ormai estinta specie.
“Il nostro Uomo di Neanderthal del Circeo – spiega il professor Manzi – rientra proprio in questo tipo di argomentazione. Blanc – prosegue Manzi – interpretò il ritrovamento come la prova della presenza di un pensiero simbolico nei Neanderthal. Arrivò addirittura a fare un collegamento con l’Eucarestia. Il corpo e il sangue di Cristo avrebbero un antichissimo legame con il rito effettuato sul cranio del Neanderthal”.
All’epoca dell’Uomo del Circeo la grotta si era abbassata di molto, con l’innalzamento del suolo, e “la paleo superficie della grotta non risulta a quell’epoca [51mila anni fa] essere stata un sito umano, bensì una tana di iene. In epoche precedenti era pieno di manufatti, ma man mano che il suolo salì, la grotta non fu più frequentata da esseri umani perché era diventata troppo bassa”.
Non era frequentata come abitazione ma potrebbe essere stata utilizzata per un rito? “Nessuna delle evidenze che sarebbe stato necessario recuperare avvalora la teoria di Blanc”, conclude Manzi.
Ma nemmeno la esclude del tutto.
Quale che sia la verità, forse sarebbe ora che gli studiosi europei riesaminassero questo giallo preistorico e che l’Italia dedicasse le attenzioni che merita al ritrovamento di ominide più importante in assoluto che sia stato mai effettuato sul suo territorio.
All’oggi, complice la poco affascinante teoria delle iene, il cranio originale dell’Uomo del Circeo ha perso la sua bella teca al Museo Pigorini di Roma – che per questo motivo è ormai decaduto – ed è finito in magazzino, l’hotel di Guattari (oggi Hotel Nenaderthal) è abbandonato e la Grotta Guattari è stata sequestrata dalla Soprintendenza a causa di alcune infiltrazioni ed è vietata al pubblico da oltre due anni.
Se si pensa che Croazia e Spagna hanno interi musei dedicati ai loro ritrovamenti e che i siti di origine sono assai ben conservati, un po’ di tristezza viene.
Laura Gobbo
Per saperne di più:
– http://www.fondazionemarcellozei.com/
– www.comune.sanfelicecirceo.it
– Le iene del Circeo, di Antonio Pennacchi, Laterza, Bari, 2010
Guarda le foto inedite di Grotta Guattari di Alfredo Rosi