Bruxelles – La vendita di computer con programmi preinstallati non costituisce una pratica commerciale sleale. Lo ha stabilito dalla Corte di giustizia dell’Unione europea con una sentenza riguardante il ricorso di un cittadino francese contro la Sony. Il signor Vincent Deroo-Blanquart aveva acquistato nel 2008 un computer portatile della nota multinazionale giapponese, ma in occasione del primo utilizzo si era rifiutato di sottoscrivere il “Contratto di Licenza Utente Finale” (CLUF) per l’uso di Microsoft Windows Vista (il sistema operativo preinstallato nel dispositivo) e aveva chiesto alla Sony di rimborsare il corrispondente al costo del programma. Avendo ottenuto risposta negativa, il signor Deroo-Blanquart aveva deciso di procedere per vie legali per ottenere 450 euro a titolo di rimborso forfettario per i programmi preinstallati e 2.500 euro per danno derivante da pratiche commerciali sleali, vietate dalla normativa Ue.
La Corte di cassazione francese si era quindi rivolta alla Corte di giustizia Ue chiedendo, da un lato, se il comportamento della Sony fosse da considerare contrario alle leggi comunitarie, e, dall’altro, se vendendo un computer provvisto di programmi informatici preinstallati, la mancata indicazione del prezzo di ciascuno di questi programmi costituisca una pratica commerciale ingannevole.
Con la sentenza odierna i giudici del Lussemburgo hanno stabilito che “la vendita di un computer provvisto di programmi informatici preinstallati non costituisce, di per sé, una pratica commerciale sleale” (spetterà poi al giudice nazionale valutare questo aspetto in base ai singoli casi), così come la mancata indicazione del prezzo dei singoli programmi informatici preinstallati non è pratica ingannevole. La Corte Ue afferma che “è fondamentale” che i consumatori siano informati delle condizioni contrattuali e delle caratteristiche del prodotto acquistato, e “ricorda che una pratica commerciale è considerata ingannevole qualora ometta informazioni rilevanti di cui il consumatore medio necessita per prendere una decisione consapevole”, ma “la conoscenza del prezzo dei singoli programmi non costituirebbe un’informazione rilevante per la decisione del consumatore riguardo l’acquisto o meno del prodotto desiderato”. Inoltre, nel caso specifico, la Sony aveva anche offerto al cliente la possibilità di recedere dall’acquisto qualora restasse fermo sulla di non sottoscrivere il CLUF.