Roma, 1957, Parigi, 1972, Bruxelles, 1978, Lussemburgo, 1986, Schengen, 1990, Maastricht, 1992, Amsterdam, 1997, Laeken, 2001, Lisbona, 2007, quì e adesso.
Luoghi e date più o meno noti a tutti. Tra poco, sessanta anni di Trattati, vertici, conferenze, dichiarazioni e ancora Trattati. Capi di Stato e di Governo si sono incontrati per mettere qualcosa in comune o per creare unicità. Il mercato comune, la Comunità europea, il sistema monetario europeo, il mercato unico, la moneta unica, il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa e, a seguito del suo abbandono, l’Unione europea. Ad oggi, decine di migliaia di pagine per disciplinare minuziosamente l’integrazione economica. Neanche una per fissare il punto, inseguire una visione comune ed essere vera unione.
Sono nato a ridosso del grande passo europeo verso la moneta unica del 1999. Vittorio Agostinelli ha venti anni e frequenta il primo anno di Giurisprudenza all’università. Non potevo avere cognizione che quell’apparente consolidamento dell’unione, a distanza di poco più di 15 anni, potesse diventare il maggior responsabile del dissolvimento dell’anima europea. Si riferisce all’integrazione economica e ai suoi derivati. Il mio quotidiano, dalla patente di guida fino a quello che mangio, è regolato dall’Unione europea, eppure mi sento una tessera di un puzzle senza nessun puzzle da poter comporre. L’ossessione per i mercati ha preso il sopravvento sui valori, sulla comunità. Si pensava che all’integrazione economica dovesse seguire l’integrazione politica. All’integrazione economica non è seguita l’integrazione politica.
Messa da parte la proposta di Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, non si è più avuto il coraggio di realizzare l’Unione politica. Tabù. Qualsiasi riferimento alle radici giudaico – cristiane, tabù. Unione politica, tabù. Unione federale così tabù che per non sbagliarsi è stata espressamente eliminata dal Trattato di Lisbona. Di politico è rimasto solo il richiamo alla creazione di un’Unione sempre più stretta trai popoli al quale, tra l’altro, saremmo stati disposti a rinunciare se il Regno Unito avesse scelto di rimanere nell’Unione europea.
Con Vittorio ci siamo conosciuti in un incontro sull’Europa alla Sapienza. Quattro è il titolo di questo articolo in questo blog, Il quarto di una serie di articoli dedicati a delle conversazioni, più o meno politicamente scorrette, con chi ancora crede nella bellezza dell’idea di Europa e nella necessità pratica degli Stati Uniti d’Europa. Durante l’incontro è intervenuto in modo netto. Che cosa significa Europa dei popoli? Europa dei popoli significa attuare quei valori che oggi non sono attuati. Ha ragione. E’ mancato il coraggio di andare fino in fondo e dove si poteva volare alto si è scelto di volare basso. Come ha scritto intelligentemente qualche giorno fa Marco Piantini sulle pagine de La Stampa “Ci troviamo di fronte a un paradosso. L’Unione europea è il blocco economico più ricco al mondo, la prima potenza commerciale e la prima per aiuti allo sviluppo, oltre che per standard ambientali e sociali. Eppure l’Europa dice a se stessa e al resto del mondo che non ha risorse sufficienti per affrontare le sfide del nostro tempo“. Nonostante le grandi potenzialità, le energie che avrebbero dovuto essere spese per insistere nel portare avanti il progetto di unità politica sono state concentrate tutte nell’integrazione economica. Non si è più parlato di identità.
La somma delle proprie identità, di quartiere o nazionale, è alla base della nostra comunità – penso alle precedenti conversazioni con Valentino Catricalà e Gianluca Sgueo. Rappresenta il terreno in cui lo stesso sentimento europeo che già unisce la generazione mia e di Alessandro Iannamorelli (con lui, la prima conversazione in questo blog) possa offrire a tutti i cittadini, anche ai più scettici, un’idea di Europa da sostenere e difendere. In poche parole. Informazione, confronto, comunità. Mi sento in dovere di crescere, di muovermi, partecipare. Per questo assieme a te, a Costituzionalmente, ai Tor Più Belli, a chiunque altro abbia voglia, dobbiamo andare anche nelle scuole per incontrare gli studenti, improvvisando dei bar Europa, e con loro fare la nostra piccola parte per spingere l’Europa sempre più avanti.
Lo scenario politico europeo si sta evolvendo rapidamente, è necessario ripartire dai valori che hanno dato vita all’ambizioso progetto europeo per affermarne la sua validità. Tempismo perfetto del Presidente del Consiglio nell’aver voluto tenere all’inizio di questa settimana un vertice sull’isola di Ventotene. Dal punto di vista simbolico è stato un successo. Sicurezza interna, sicurezza esterna, lotta per una difesa comune, progetto della comunità europea della sicurezza, giovani e crescita, sono state dichiarate priorità assolute. La questione ora è tutta politica e forse non è più così tabù.