Bruxelles – L’Unione si avvicina a grandi falcate verso l’obiettivo dell’Unione energetica. Oggi è stata aggiunta una nuova pietra al progetto, con la presentazione del pacchetto di misure per accelerare la riduzione delle emissioni in tutti i settori dell’economia europea. Le proposte seguono le decisioni prese con l’accordo di Parigi sul clima del 2015, stabilendo principi chiari ed equi che dovranno guidare gli Stati membri nel percorso verso un mondo più ecologico, all’insegna della competitività dell’Ue. Il traguardo finale, deciso nel 2014, prevede la riduzione delle emissioni di gas serra del 40%, almeno, entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, in tutti i settori dell’economia. “L’Unione energetica si sta compiendo”, ha dichiarato il vicepresidente responsabile per l’Unione energetica, Maroš Šefčovič , “con la proposta di riforma del Sistema di scambio delle quote di emissioni dello scorso anno e la proposta di oggi sugli obiettivi per le emissione di gas a effetto serra per gli Stati membri, ancoriamo il quadro Energia e Clima 2030 alla legislazione”. I punti avanzati oggi dall’esecutivo comunitario dovranno essere discussi dagli Stati e dal Parlamento europeo.
La Commissione europea ha fissato degli obiettivi annuali vincolanti di riduzione delle emissioni Stato per Stato, in funzione del Pil di ognuno, in un arco di tempo compreso tra il 2021 e il 2030. I tagli riguardano i settori non coperti dal mercato europeo dell’anidride carbonica, vale a dire l’edilizia, l’agricoltura, i rifiuti e i trasporti, che nel 2014 rappresentavano il 60% delle emissioni europee. Oltre a questi, per la prima volta sono coinvolti i settori dell’uso del suolo e forestale. Il quadro presentato si basa sui principi di equità e solidarietà, con particolare attenzione verso la prospettiva del costo-efficacia e dell’integrità ambientale. Così gli sforzi più importanti saranno chiesti ai Paesi più ricchi: sul primo gradino la Germania, con una diminuzione del 38%, al secondo posto il Regno Unito e la Francia con un taglio del 37%. Dopo di loro seguono Svezia, Lussemburgo, Finlandia, Danimarca e Austria. Una riduzione del 33% è imposta all’Italia, mentre, a Croazia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia e Romania tagli dal 2% al 9%. La Bulgaria è l’unico Stato a cui non è imposta nessuna riduzione. Secondo il commissario per l’azione per il clima e l’energia, Miguel Arias Cañete, “gli obiettivi nazionali vincolanti che proponiamo sono equi, flessibili e realistici. Essi fissano i giusti incentivi per richiamare gli investimenti in settori quali i trasporti, l’agricoltura, le costruzioni e la gestione dei rifiuti. Con queste proposte stiamo dimostrando che abbiamo fatto il nostro dovere e che manteniamo le nostre promesse”.
Nonostante le percentuali vengano tutte da Bruxelles, i Paesi membri mantengono un loro spazio, grazie ai meccanismi di flessibilità previsti che consentono il raggiungimento degli obiettivi senza danni per l’economia e tenendo conto degli imprevisti climatici. Inoltre le misure nazionali per l’attuazione pratica degli obiettivi saranno decise dalle rispettive capitali. Insieme ai traguardi sulla riduzione delle emissioni per il 2030, l’Ue ha presentato una strategia per la mobilità a basse emissioni, concentrandosi su veicoli ecologici e combustibili alternativi. In questo caso lo scopo è raggiungere trasporti a zero emissioni. Al riguardo il commissario per i trasporti, Violeta Bulc, ha sottolineato che “i trasporti rappresentano un quarto delle emissioni di gas a effetto serra in Europa e sono la principale causa dell’inquinamento dell’aria”. Per questo “la transizione verso una mobilità a basse emissioni è un elemento essenziale per raggiungere gli ambiziosi obiettivi Ue per il clima e per migliorare la qualità della vita nelle nostre città. E’ anche un’opportunità per modernizzare l’economia Ue e mantenere l’industria europea competitiva”.
Ma in Italia non si fanno salti di gioia per queste decisioni. Secondo il ministro dell’economia Gian Luca Galletti i meccanismi di flessibilità previsti non sono equi e non tengono conto dei grandi passi avanti fatti nel tempo dal nostro Paese, premiando le nazioni più inquinanti e punendo quelle più virtuose. E’ opinione del ministro che “i criteri fissati dalla Commissione impongono a Stati ‘early mover’ come l’Italia, cioè che prima degli altri hanno applicato politiche virtuose di riduzione, sforzi superiori a quelli che vengono chiesti a Paesi che hanno ridotto di meno in questi anni”. In particolare “il punto di partenza per la riduzione prevista non tiene conto del raggiungimento (e nel caso italiano del superamento) degli obiettivi fissati al 2020, nè della ridotta incidenza della nostra agricoltura nella produzione di emissioni inquinanti”, ha precisato Galletti.