Giambrone: “Storicamente un luogo di frontiera, intesa come luogo di incontro e non di separazione”. E si candida a diventare Capitale europea della cultura nel 2019
Abbiamo incontrato Francesco Giambrone, assessore alla Cultura e al turismo del comune di Palermo, per parlare della scelta della città di candidarsi a rappresentante italiana come Capitale europea della cultura nel 2019.
Che senso ha per Palermo questa candidatura?
Questa candidatura è una grande scommessa, perché la città viene fuori da un periodo di trascuratezza durato molti anni e sta iniziando un percorso di recupero, a cominciare dal senso di comunità e di appartenenza. C’è un’attenzione crescente nei confronti del patrimonio artistico e culturale e questa candidatura rappresenta la possibilità di attuare un percorso partecipato e condiviso che porti Palermo a ripensarsi rispetto al futuro. Ci si interroga su come questa città, che ha una storia eccezionale, possa riprogettarsi e guardare al domani in modo da determinare un cambiamento, una trasformazione.
Che faccia avrà la Palermo del futuro? Quali sono i progetti a cui state lavorando?
Per noi è importante innanzitutto una riaffermazione di alcuni elementi forti della città che fanno parte della sua storia. Palermo è storicamente un luogo di frontiera, intesa come luogo di incontro e non di separazione. E’ una frontiera con il mondo arabo e con il mondo europeo. La cultura europea e quella araba hanno sempre convissuto e molto curiosamente la loro convivenza è stata pacifica. Al Museo d’arte islamica è conservata una lapide quadri-lingue (ebraico, latino, greco bizantino e arabo)unica al mondo, testimonianza di una realtà di incontro di culture profondamente diverse che nei rispettivi paesi non riuscivano a dialogare. Dunque Palermo città di dialogo interculturale e città di pace.
Un’altra riflessione a cui stiamo lavorando è quella di guardare Palermo dal mare e non viceversa. Palermo nel tempo ha perduto il suo contatto con il mare e anzi lo ha deturpato, danneggiato e sporcato. Ripartiamo dal fatto che questa città ha otto porti che possono essere valorizzati in modo eco-sostenibile. C’è un’attenzione crescente non solo alla valorizzazione di questo patrimonio storico ma anche all’ambiente in cui questo patrimonio viene rivalutato e usato.
Che progetti concreti avete sull’idea di Palermo come città della pace e sul nuovo sguardo dal mare?
Abbiamo in programma un Festival della pace, a cui stiamo lavorando insieme alla città di Tel Aviv. Questo festival potrebbe avere la sua prima edizione nel 2014 e poi crescere fino ad avere il suo clou nel 2019, anno della candidatura. Noi lotteremo affinché Palermo venga scelta come capitale europea della cultura, ma lo scopo dovrebbe essere quello di portare avanti i progetti di cambiamento a prescindere dalla vittoria del titolo. Inoltre stiamo lavorando ad una serie di interventi strutturali che sono tutti interventi di riconversione di siti monumentali in condizioni da restaurare. Stiamo investendo per questo parecchie centinaia di milioni di euro, che sono già iscritti nel piano triennale delle opere pubbliche. Tra queste, il deposito locomotive di Sant Erasmo; il grande complesso del convento di San Francesco, un sito quattrocentesco per il quale c’è un investimento di circa 14 milioni di euro per la creazione del polo della memoria della città; e poi ancora i cantieri culturali alla Zisa, un sito di archeologia industriale di 55 000 metri quadrati di proprietà comunale. Il sito è stato già parzialmente ristrutturato e utilizzato per attività culturali, ma stiamo organizzando un concorso internazionale di idee per creare un nuovo segno di architettura contemporanea che nella città manca da troppo tempo.
Dunque molti interventi strutturali su patrimoni pubblici degradati. Ristrutturazione in chiave innovativa e di cambiamento. In più l’investimento per rendere balneabile tutta la costa sud di Palermo, con il recupero della foce del fiume Oreto, che a causa degli scarichi fognari è stata abbandonata.
Ci sono poi in programma alcuni progetti di tipo infrastrutturale sui trasporti. Stiamo infatti ragionando in termini di area metropolitana allargata, che non riguarda strettamente la città di Palermo, ma nella candidatura sono compresi i due centri di Cefalù e di Monreale. Sono due poli di grande importanza e di grande prestigio, che al momento non sono facilmente raggiungibili. Uno degli interventi che sono già programmati è quello di una metropolitana veloce che dall’aeroporto Falcone-Borsellino arrivi direttamente a Cefalù in 55 minuti, con fermate anche nella città. Questo è un progetto importante perché oggi l’attraversamento della circonvallazione di Palermo per andare dall’aeroporto a Cefalù è una tragedia, una via molto tortuosa e piena di traffico.
So benissimo che le città italiane che concorrono a questo titolo sono molte, ma credo che la cosa più bella è metterci tutti nell’ottica di migliorare i nostri territori usando come pretesto nobile questa candidatura. Se tutte le città che si candidano porteranno avanti i progetti di cambiamento, di innovazione e miglioramento strutturale, a prescindere da chi vincerà,avremo un paese complessivamente migliorato.
La competizione è una bella cosa.
Per attuare questi progetti servono finanziamenti a lungo termine. Avete già trovato chi vi sponsorizza?
Abbiamo una serie di finanziamenti che rientrano nel piano triennale per le opere pubbliche, finanziamenti recuperati anche da fondi europei. Questa nuova amministrazione, che ha cominciato da dieci mesi, ha creato un ufficio esclusivamente per il reperimento di fondi europei e stiamo ragionando con la regione Sicilia per ottenere tutti i finanziamenti possibili e dirottarli su questi progetti.
Come è recepita dai palermitani questa candidatura?
Le reazioni per questa candidatura si possono dividere in due categorie, quella dei super- scettici e quella dei super – entusiasti. I super- scettici sono quelli che dicono “ la città ha l’immondizia per le strade, prima ripulite la città e poi parlate di capitale europea della cultura”; i super- entusiasti sono quelli che dicono “puntiamo su questa candidatura perché così la città sarà ripulita”. Tra queste due categorie credo che sia necessario trovare una via di mezzo perché la città viene da dieci anni di abbandono e deve innanzitutto allinearsi a standard minimi di qualità dei servizi. Dal momento che abbiamo avviato un processo partecipato, man mano che i cittadini si sentono coinvolti, il gruppo dei super scettici si assottiglia. Avverto comunque una crescente voglia di partecipare. Un dato è rappresentato dalla richiesta dell’associazione di categoria degli albergatori di poter esporre il logo di candidatura di Palermo in tutti gli alberghi della città. E’ un segno di condivisione del progetto.
Che ritorno si aspetta Palermo ?
Il ritorno di immagine e il ritorno turistico li diamo per scontati, sappiamo che ci saranno. Noi stiamo provando a fare di Palermo una città diversa, una città che funzioni, con servizi di qualità alta; una città che ha affrontato l’innovazione e che è istradata su un cammino di crescita e sviluppo. Io lavoro per questo. La sfida non è avere più turisti nel 2019 ma cambiare la città con una immagine diversa nel 2030.
Com’è lavorare nella cultura in tempi di crisi?
Si fa una enorme fatica, si incontra un grande entusiasmo ma è dura tenere alta la speranza.
Perché non arriva davvero nessun segnale di cambio di prospettiva da chi governa questo paese. Sono rimasto colpito, prima positivamente, dal manifesto del sole 24ore, uscito nel febbraio 2012 sul tema della cultura e dello sviluppo. Sono rimasto colpito perché ho pensato che finalmente il giornale di confindustria focalizzava l’attenzione su un tema che, per tutti noi che lavoriamo in ambito culturale, è scontato, ma che sembrava non interessasse a nessuno. E cioè che se non c’è cultura non c’è neanche sviluppo, poiché l’approccio culturale è quello che consente di individuare le priorità strategiche per l’economia e la crescita. E mi sono meravigliato perché tre ministri, quello della cultura,il ministro dell’istruzione e il ministro dello Sviluppo economico, hanno ribadito l’importanza di questi temi. Poi è passato più di un anno, non ho visto niente ed è arrivata la delusione. Pensavo che quello era il momento giusto per dare dei segnali importanti. Io sono un ottimista di natura, ma è difficile sperare quando i segnali sono tutti così negativi, in un paese che è in controtendenza rispetto al mondo. Noi siamo pieni di meraviglie e le buttiamo via. E’ molto più dura del previsto ma questo non ci toglie l’entusiasmo. Io credo veramente che queste opportunità possono cambiare il paese.
L’integrazione è uno dei grandi temi europei e lei ha parlato di Palermo come luogo di frontiera. Potrebbe fare degli esempi concreti?
Si, Palermo come frontiera, luogo di incontro tra mondo arabo e mitteleuropa.
Palermo continua ad essere un luogo di ritrovo e di scambio eccezionale. Ci sono comunità di cittadini stranieri dei paesi arabi che sono tra i più accaniti devoti di Santa Rosalia, la patrona della città, e che festeggiano per le strade insieme ai palermitani il 14 luglio. E vanno ai santuari del Monte Pellegrino a far visita alla santa. Queste sono cose che appartengono alla storia della città. Noi seguiamo l’inclinazione naturale di Palermo che con questa candidatura ha una ulteriore occasione di riflessione sul tema dell’integrazione delle diversità.
Si tratta di una integrazione non solo verso il mondo arabo, ma una integrazione tra il mondo arabo e l’Europa del Nord. E soprattutto si tratta di una integrazione di pace.
Chiara Celluprica
Lo speciale sulle città che concorrono per il titolo di capitale europea della cultura 2019 continuerà con Urbino.