Roma – La nuova normativa europea sulla risoluzione delle crisi bancarie “è molto esigente”, ma “la sua attuazione ha elementi di flessibilità che vanno sfruttati in pieno, soprattutto in caso di rischio sistemico”. È questa la risposta del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, al presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, sulla gestione della crisi dei titoli bancari scatenata dalla Brexit.
Ieri, da L’Aja, l’olandese aveva ricordato che “fino al primo gennaio si potevano sostenere le banche con il denaro proveniente dai contribuenti, ma ora questa possibilità è stata limitata e non vogliamo tornare indietro”. Affermazioni lette da molti, in Italia, come uno stop a ipotesi di interventi pubblici da parte del governo. Anche perché lo stesso Dijsselbloem aveva aggiunto: “Altri Paesi sono riusciti a ristrutturare le proprie banche con risorse pubbliche” quando era possibile, mentre “ gli italiani non lo hanno fatto allora” e “adesso abbiamo regole più severe”.
A ben vedere, sebbene sia un innegabile richiamo alle regole, quello del numero uno dell’Eurogruppo non è un netto rifiuto a ricorrere alla flessibilità richiamata oggi da Padoan intervenendo all’Assemblea annuale dell’Abi. Il ministro conferma infatti che “il dialogo con le istituzioni europee è continuo e ha lo scopo di esplorare tutte le modalità di intervento pubblico ammesse dalla regole sugli aiuti di Stato”. Per il titolare di Via XX Settembre “il ruolo della mano pubblica deve essere di natura precauzionale”, e “il governo si sta adoperando per mettere a disposizione strumenti adeguati qualora fossero necessari”.
La normativa sul bail-in, considerata “incostituzionale” dal presidente dell’Associazione bancaria italiana Antonio Patuelli, impone appunto di usare risorse di azionisti, obbligazionisti subordinati e correntisti sopra i 100 mila euro prima di un intervento pubblico. Ma prevede anche un’eccezione in caso di rischio sistemico. Pericolo che tuttavia non sembra esserci per il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. Intervenendo dal palco dell’Abi, il numero uno di Palazzo Koch ritiene “non corretto parlare del problema dei crediti deteriorati come di una emergenza per l’intero sistema bancario”. Anche se, aggiunge, “a fronte del rischio che, in un contesto di elevata incertezza, problemi circoscritti intacchino la fiducia nei confronti del sistema bancario, un intervento pubblico non può essere escluso”.
Visco però propone una soluzione strutturale, ovvero il completamento dell’Unione bancaria. In particolare, oltre alla creazione del terzo pilastro mancante, il meccanismo di garanzia sui depositi, è necessario completare anche il secondo, a suo avviso, con la “predisposizione di un backstop (argine, ndr) pubblico da attivare in caso di necessità, nel pieno rispetto delle norme comunitarie”. Perché, spiega, bisogna tenere “ben presenti i potenziali effetti sistemici di eventuali crisi per i singoli stati membri e per l’area dell’euro”.