Dopo il fallimento dell’asta sui bond monta la preoccupazione per la tenuta dei conti del Paese
Bratusek a Bruxelles: “Disoccupazione sotto la media, siamo più forti di altri Stati membri”
A dare un’idea del livello di attenzione che c’è sul Paese basterebbe il titolo di uno studio realizzato dall’Institute for International Finance, l’associazione delle maggiori banche del mondo: “Slovenia: next in line?” (Slovenia: la prossima?). Il timore, di cui si parla ormai apertamente, è che lo Stato balcanico possa presto seguire la via di Cipro, visto che i segnali poco rassicuranti si fanno sempre più frequenti.
Prima il fallimento dell’asta sui bond a sei mesi: su un totale di 100 milioni di euro che Lubiana intendeva piazzare, i mercati ne hanno assorbiti solo 56, a un tasso dell’1,7%, contro l’1,5% della precedente asta. Poi è arrivato il monito dell’Ocse. Secondo l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, il governo sloveno avrebbe sottostimato i costi per il risanamento delle banche. Il suggerimento è di riformare senza indugi: vendere gli istituti pubblici che non sono in grado di ricapitalizzarsi adeguatamente per fare fronte ala crescita dei prestiti a rischio e alla svalutazione degli asset. L’Ocse ha anche stimato per quest’anno una contrazione del 2,1% dell’economia e ha lanciato l’allarme sul debito pubblico, raddoppiato al 47% del Pil rispetto al 2008. Per il 2025 le previsioni sono di una crescita del debito al 100% del Pil.
Insomma i motivi di preoccupazione non mancano. Tanto che l’Institute for International Finance arriva a suggerire un sostegno finanziario europeo immediato per mettere in sicurezza le banche e scongiurare un piano di salvataggio più avanti. Per l’istituto il problema principale è capire come ricapitalizzarle, in un momento in cui i mercati si dimostrano poco fiduciosi. L’Iif prevede che il debito pubblico sloveno possa raggiungere il 62% del prodotto interno lordo di quest’anno, e aggiunge che il Paese potrebbe avere bisogno fino a 11,8 miliardi di euro nel periodo 2013-2015.
“Non abbiamo tempi facili davanti a noi, ma siamo pronti a risolvere i nostri problemi da soli, non chiederemo aiuti all’Ue” ha comunque assicurato il neo premier sloveno, Alenka Bratusek ieri a Bruxelles per incontrare le istituzioni comunitarie. “Abbiamo cominciato dalla riforme del lavoro e delle pensioni, a ora stabilizzeremo il nostro sistema bancario con una legge che crea una ‘bad bank’, poi ridurremo il deficit, ma senza gravare sulla crescita”, ha aggiunto. Alla grande “pressione dei media sulla Slovenia” Bratusek risponde: “Non siamo un paradiso fiscale, abbiamo una disoccupazione più bassa della media Ue, un debito che non supera il 130% e siamo più forti di altri Paesi europei”.
Anche il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, dopo l’incontro ha confermato che Lubiana non ha intenzione di domandare aiuti: “Non intende chiedere salvataggio europeo e faranno di tutto per evitarlo” ha detto. Barroso si è anche detto fiducioso sulla possibilità che la Slovenia risolva il problema banche: “Con un’agenda ambiziosa di riforme risolverà i problemi” ha detto. Per il Presidente della Commissione “la Slovenia non è Cipro, il suo settore finanziario è meno grande del suo Pil e ha un sistema economico diverso”.
Letizia Pascale
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