Bruxelles – Con l’uscita della Gran Bretagna l’inglese continuerà ad essere una lingua ufficiale dell’Unione europea? Il dibattito è ozioso, ma aperto, soprattutto da quando Maria Hübner, presidente della commissione Affari costituzionali del Parlamento di Strasburgo ha detto che, secondo le regole attuali, insieme a Londra sparirà anche il suo idioma. Hübner ha sostenuto che ogni Stato membro può notificare una sola lingua ufficiale, e visto che gli altri due Paesi anglofoni, l’Irlanda e Malta, hanno notificato rispettivamente il gaelico irlandese e il maltese, l’inglese, anche se è il linguaggio più utilizzato nelle istituzioni comunitarie (e con francese e tedesco lingua di lavoro), è destinato a sparire con la Brexit, e con lui le traduzioni dei documenti ufficiali e le interpretazioni delle sedute al Parlamento europeo.
A quanto pare si tratta di una questione di interpretazione dei trattati. Secondo il regolamento sulle lingue del 1958 (ancora in vigore) “per quanto concerne gli Stati membri in cui esistono più lingue ufficiali, l’uso della lingua sarà determinato, a richiesta dello Stato interessato, secondo le regole generali risultanti dalla legislazione di tale Stato”. Secondo l’interpretazione fornita da Hübner la scelta può essere soltanto una, ma su questo punto è piuttosto isolata. Nei fatti tutti gli Stati con più idiomi ne hanno scelto sempre soltanto uno (il Lussemburgo ad esempio ha rinunciato al Lussemburghese e scelto il francese, sua lingua giuridica), o al massimo nessuno come il Belgio, che piuttosto che scegliere tra francese, tedesco e fiammingo, ha preferito semplicemente non scegliere, visto che tutte e tre le lingue erano già state scelte da altri Stati. Di fatto quindi l’inglese è storicamente legato alla scelta fatta del Regno Unito.
Il punto legale che resta da chiarire è quindi: quando la Brexit diventerà effettiva saranno necessari interventi speciali per mantenere la lingua inglese tra le ufficiali, o per lo meno quelle di lavoro? La lingua di Sua Maestà è presente in un annesso al Trattato, quello con l’elenco delle 24 lingue ufficiali, ed è per questo già parte del Trattato a prescindere dalla presenza o meno di Londra nel consesso Ue, e, a meno che non si decida di modificare Lisbona, ci resterà. È questa anche l’interpretazione della rappresentanza irlandese della Commissione europea che ha pubblicato una nota in cui afferma che “ogni cambiamento al regime linguistico dell’Ue è soggetto al voto all’unanimità del Consiglio”. Insomma, senza il consenso di tutti i Ventisette l’inglese non si tocca, anche perché, seppur Dublino lo abbia scelto per questioni di orgoglio nazionale, non tutti nell’isola sono capaci di parlare il gaelico. Per l’Unione europea questa sarebbe l’ipotesi migliore perché toglierebbe Bruxelles dall’imbarazzo di dover modificare i trattati per inserire di nuovo la lingua del Paese che ha deciso di abbandonarla, perché una cosa è certa: l’inglese come lingua veicolare è una conquista culturale alle quale l’Europa non rinuncerà.