The UKU – United Kingdom of UKIP
L’atmosfera politica in UK era terribile anche prima dell’assassinio di Jo Cox, come aveva fatto notare Robert Harris: “Quanto è stupido questo referendum. L’evento politico più deprimente, divisivo, ipocrita di tutta la mia vita. Speriamo non ce ne sia mai più un altro.” Eppure, scrive Marina Hyde sul Guardian, se da una parte si possono capire le ragioni di chi è nel fronte Leave, un voto per loro andrebbe a favore di Farage e di gente come lui, a favore dei suoi poster, delle sue idee xenofobe, della sua piccolezza. Vale davvero la pena di votare per la United Kingdom of UKIP?
Rimanere in Europa
Il Financial Times si schiera sul fronte Remain, anzi, nelle sue stesse parole “sostiene l’appartenenza britannica all’UE fin dal 1973.” Attenzione, non l’appartenenza al meccanismo della moneta unica – che “non ha alcun senso economico” – ma all’Unione Europea, considerata vitale nel momento in cui si devono affrontare le minacce dell’estremismo islamico, la crisi dei migranti, l’espansione russa… che possono essere affrontate e vinte solo collettivamente.
Conseguenze non intenzionali
Su The Sunday Times, Sir Lawrence Freedman analizza le ragioni del fronte del Leave, soprattutto quelle riguardanti i flussi di migranti e la pretesa dell’UE di sostituirsi alla NATO in materia di difesa comune, arrivando alla conclusione che far uscire l’UK dall’Unione non renderebbe nessuna delle due realtà più forte o più in grado di affrontare le sfide attuali alla sicurezza (siano esse poste dalla Russia o dall’ISIS), rendendole anzi molto più deboli. In caso di Brexit, la legge delle ‘conseguenze non intenzionali’ sarebbe messa a dura prova.
Brexit-Lexit
Ci sono alcuni esponenti della sinistra a favore della Brexit – quelli che propongono la cosiddetta “Lexit” – che, come racconta The Conversation, parlano dell’UE praticamente negli stessi termini degli esponenti conservatori: una “Unione di Schrödinger”. L’Ue sembra allo stesso tempo comunista e capitalista estrema, ha trasformato l’Europa in una fortezza ma ha aperto i suoi confini all’immigrazione di massa, i suoi pacchetti di aiuto alle nazioni in difficoltà del Sud Europa erano troppo avari di vero aiuto, ma allo stesso tempo costituivano un peso troppo forte per i contribuenti inglesi. Ehm, fare pace con se stessi, please.
Johnny Hunter, cacciatore di migranti
Médecins sans frontières (MSF) lancia una miniserie in sei episodi che racconta in modo ironico e un po’ trash le “assurdità delle politiche europee sulla migrazione,” racconta Le Monde. Naufragi nel Mediterraneo, “crimine” di solidarietà, nascita di sempre nuovi campi profughi e di fin troppi muri, condizioni di sopravvivenza delle troppe persone condannate dai drammi della loro patria a vivere in condizioni di clandestinità e precarietà: tutto questo condito da politiche senza senso. Insomma, #JeNeSuisPasJohnny.
Storia di una rifugiata
“Ero una rifugiata, e vi assicuro che nessuno vuole davvero lasciare la sua casa,” dice Arta Dobroshi, attrice e produttrice che durante l’adolescenza è scappata dal Kosovo con la sua famiglia, finendo a dormire in campi profughi e cercando disperatamente di trovare una nuova casa in Europa. “La vita era normale,” finché la gente non si è ritrovata a scappare per strada inseguita dalla polizia, le scuole non sono finite sotto i bombardamenti, la vita è diventata impossibile.
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