Il quadro presentato dalla Commissione europea indica che l’Ue è maggiormente innovativa, ma che si allarga il divario tra i Paesi. Tajani: “Le Pmi sono un valore essenziale in questo campo”.
La buona notizia è che sul fronte dell’innovazione non sono stati fatti indietro, la cattiva notizia è che non sono stati compiuti passi avanti. L’Ue, nonostante la crisi, è migliorata nel campo dell’innovazione, ma poco, e quindi poco è cambiato. Cresce semmai il divario tra gli Stati membri, con i virtuosi sempre più virtuosi e quelli in ritardo sempre più in ritardo (l’Italia è nel mezzo, poco sotto il rendimento medio Ue, e non si muove da lì). E’ quanto emerge dal ‘Quadro valutativo dell’Unione dell’innovazione 2013’ della Commissione europea, presentato oggi a Bruxelles. Il documento – attraverso una scala di misurazione da 0 a 1 – mette in risalto un’Europa a due velocità: da una parte i paesi più innovativi hanno ulteriormente migliorato le loro performance, mentre gli altri registrano un’assenza di progressione. Quattro le categorie di paesi: i leader dell’innovazione (quelli con rendimenti di molto superiori alla media Ue, di 0,55), paesi che tengono il passo (quelli con indici di poco superiori a quello Ue), innovatori moderati (poco al di sotto della media Ue) e paesi in ritardo (quelli con le performace più basse in termini di innovazione.
Leader dell’innovazione si confermano Svezia, Germania, Danimarca e Finlandia. Paesi che tengono il passo sono Paesi Bassi, Lussemburgo, Belgio, Regno Unito, Austria, Irlanda, Francia, Slovenia, Cipro ed Estonia. Negli stati innovatori moderati (una definizione che è un capolavoro linguistico forse pensato dallo stesso Tajani) si trovano Italia, Spagna, Portogallo, Repubblica ceca, Grecia, Slovacchia, Ungheria, Malta e Lituania, mentre paesi in ritardo sono Polonia, Lettonia, Romania e Bulgaria. A detta della Commissione “ha influito negativamente” sulla resa innovativa la contrazione delle attività economiche e degli investimenti in venture capital nel periodo 2008-2012. “ I risultati di quest’anno indicano che la crisi economica ha influito negativamente sull’innovazione in certe parti d’Europa”, rileva Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione europea responsabile per l’industria. “Rispetto all’anno scorso, la classifica generale è rimasta sostanzialmente immutata. Salvo rimescolamenti all’interno dello stesso gruppo, non si registrano variazioni sostanziali rispetto all’anno precedente”. Anche perchè, sottolinea Tajani, la capacità di innovazione “non si crea da un giorno all’altro”.
I dati tuttavia possono offrire due spunti di riflessione. Serve in primo luogo “l’impegno a recuperare il terreno perduto, cioè la capacità di migliorarsi e di crescere”. Va quindi risolto quello che a detta di Tajani è “il risultato più preoccupante” dello studio. “La la capacità di crescere non è omogenea in tutta l’Unione europea”, e di conseguenza “il divario, invece di colmarsi, si sta allargando”. I risultati di quest’anno, avverte, mostrano che l’innovazione nell’U “ha smesso di convergere”. Questo vuol dire che il gruppo dei paesi meno innovativi “non si sta più avvicinando a quello dei paesi più innovativi”. Si rischia di perdere paesi quali Portogallo, Grecia e Ungheria, Bulgaria, Malta, e Polonia. Tajani invita quindi gli stati membri a puntare di più su questo settore . “Gli investimenti nell’innovazione sono indispensabili per mantenere la nostra competitività globale e rilanciare la crescita in Europa”. Senza innovazione, rileva, “non raggiungeremo l’obiettivo di riportare l’industria al 20% del Pil che ci siamo prefissati con la nuova strategia sulla politica industriale”. Dello stesso avviso anche Máire Geoghegan-Quinn, commissario europeo per la Ricerca e l’innovazione. “L’innovazione dovrebbe essere al centro delle agende politiche di tutti gli Stati membri”.
Renato Giannetti
Per saperne di più:
– Scarica il testo integrale della relazione sul Quadro valutativo dell’ Unione dell’innovazione 2013