Roma – I sette Paesi più industrializzati del mondo sono in “grande sintonia” sulla necessità di stimolare gli “investimenti” per far ripartire l’economia globale a ritmi più sostenuti. Secondo il presidente del Consiglio Matteo Renzi, “anche la Germania” è d’accordo, a conferma della tesi che Berlino sembra per il momento aver messo da parte la filosofia del rigore.
In realtà la situazione è un po’ più complessa di questa descrizione fatta dal premier dopo la prima giornata del G7 di Ise-Shima, in Giappone. È vero che la cancelliera Angela Merkel condivide la necessità di maggiori investimenti, ma non vuol dire che sia favorevole a interventi pubblici. È lo stesso Renzi a suggerirlo. Perché se tutti sono d’accordo sul fatto che per la crescita servano più investimenti, è sul come favorirlo che rimangono le divergenze. Renzi quota le parole pronunciate da “alcuni colleghi” nel corso della riunione, sostenendo che l’impulso vada dato “non solo con la politica monetaria ma anche con gli stimoli fiscali”. Tradotto, vuol dire che non bastano i bassi tassi di interesse della Bce, ma serve spesa pubblica. Su questo punto, però, la “grande sintonia” non è più unanimità ed esiste “innanzitutto con gli Stati uniti, anche con altri”, ma non con tutti.
La battaglia tra rigoristi e “keynesiani” – termine passato in disuso per un po’, ma rispolverato da qualche giorno dal premier – è ancora di là dal concludersi. All’interno del G7, Renzi ha trovato una buona sponda in Barack Obama, che avrebbe pure un peso importante se non fosse che, come presidente uscente degli Usa, è al suo ultimo vertice dei grandi della Terra. Bisognerà vedere quali partner Renzi riuscirà a trovare al suo fianco a giugno, quando gli stessi temi verranno discussi in Consiglio europeo, una sede meno ‘globale’ del G7, ma dove vengono prese decisioni più concrete e vincolanti.