Bruxelles – Ankara la aspettava con impazienza e la proposta della Commissione europea per la liberalizzazione dei visti per l’ingresso dei cittadini turchi nell’Ue è arrivata. Per il momento, però, si tratta più che altro di un segnale politico, visto che la Turchia ancora non rispetta tutti i requisiti necessari perché si possa effettivamente instaurare un regime senza visti. E i requisiti sono in tutto 72 che ogni Paese che vuole beneficiare dell’esenzione dei visti deve rispettare: oggi Ankara si ferma a 65. Sulla carta dunque la proposta ancora non dovrebbe essere stata avanzata, ma il tema è di importanza centrale per il governo turco, che ha posto la liberalizzazione dei visti entro la fine di giugno come condizione necessaria per l’accordo con l’Ue, grazie al quale è crollato il numero di migranti in arrivo in Grecia attraverso l’Egeo. Per tentare di rispettare la scadenza di fine giugno, la Commissione non aveva alternative che presentare immediatamente la proposta, così da provare a ottenere in tempo anche il via libera di Commissione e Consiglio.
“La Turchia ha fatto progressi impressionanti” ma “c’è ancora lavoro da fare con urgenza”, ammette il vicepresidente della Commissione euoropea, Frans Timmermans, secondo cui “se la Turchia continua ad impegnarsi potrà soddisfare i criteri rimanenti” e per questo la Commissione ha deciso di procedere con la proposta. “Naturalmente la Commissione continuerà a monitorare il continuo rispetto dei criteri”, garantisce il commissario all’immigrazione, Dimitris Avramopoulos.
Tra i sette criteri che Ankara ancora non rispetta, su cinque si potrebbe arrivare a mettersi in regola entro la fine di giugno. Nel giro di due mesi la Turchia dovrà allinearsi alle regole comunitarie in materia di protezione della privacy, formando un’autorità nazionale che operi in modo autonomo ma anche fare sforzi in materia di lotta al crimine, seguendo le linee guida di Europol e sottoscrivere un accordo di cooperazione. Ankara dovrà poi offrire “un’efficace cooperazione” giudiziaria in materia penale con tutti gli Stati membri dell’Ue, rivedere le norme anti-terrorismo nazionali allineandole a quelle comunitarie e mettere in atto misure di contrasto alla corruzione.
A queste cinque condizioni se ne aggiungono altre due che, per ragioni procedurali e di attuazione pratica, sarà certamente impossibile soddisfare entro la fine di giugno. La prima è l’entrata in funzione di “passaporti biometrici” in linea con gli standard europei, che includano foto e impronta digitale. Ankara potrà cominciare a produrne soltanto a partire da ottobre, con un ritmo, almeno per i primi mesi, di circa diecimila al mese. Come soluzione ponte potranno essere rilasciati a partire da giugno passaporti biometrici con validità temporanea. Chi non avrà un passaporto biometrico non potrà fare ingresso in Europa. Il secondo requisito che non potrà certamente essere soddisfatto in tempo è la piena attuazione delle disposizioni dell’accordo di riammissione Ue-Turchia, tra cui quelli relativi alla riammissione di cittadini di paesi terzi. Le disposizioni entreranno in vigore solo a partire dal primo di giugno. La Commissione chiede comunque un’approvazione accelerata delle proposte legislative necessarie per soddisfare anche questi ultimi due requisiti.
La corsa in avanti della Commissione che ha presentato la proposta di liberalizzazione dei visti senza attendere che tutti i requisiti siano soddisfatti, non è però piaciuta al Parlamento europeo, che sulla questione dovrà esprimere il suo voto. Il tema è stato affrontato oggi dalla conferenza dei presidenti (composta dal presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz e dai capi di tutti i gruppi politici) che ha ribadito: “Non ci saranno scorciatoie nelle procedure parlamentari” e “tutti i Paesi che presentano domanda di esenzione di visti saranno trattati nello stesso modo”, cioè: “La Turchia dovrà soddisfare tutti i criteri prima che il Parlamento possa votare”. Una presa di posizione che potrebbe già volere dire che la liberalizzazione dei visti a giugno certamente non ci sarà visto che per allora il Parlamento europeo non vuole nemmeno che il tema arrivi al voto dell’Aula.
L’esenzione dal visto, se ci sarà, si applicherà in tutti gli Stati membri dell’Ue, ad eccezione di Irlanda e Regno Unito, e nei quattro Stati associati Schengen (Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera). L’obbligo del visto però è revocato solo per soggiorni di breve durata fino a 90 giorni, ad esempio per affari, turismo o motivi familiari ma non conferisce il diritto di svolgere un’attività lavorativa nell’Ue. Le altre condizioni di accesso all’area Schengen continueranno a essere applicate, compresa la necessità di essere in grado di dimostrare la finalità del proprio viaggio e la disponibilità di mezzi di sostentamento sufficienti.