Roma – “Mettere in discussione Schengen”, come sta avvenendo in questi mesi, “è più pericoloso della crisi dell’Euro”. L’Unione europea è in una “situazione eccezionale” e “sta rischiando come forse non ha mai fatto” dalla sua nascita. È l’allarme lanciato dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, dall’incontro su “I progressi dell’Unione politica e monetaria: l’agenda vista dall’Italia”, organizzato da Eunews in collaborazione con la rappresentanza della Commissione europea in italia, l’Università per l’Europa e La Sapienza di Roma (scarica qui il documento conclusivo). Il ministro sollecita i partner europei ad accelerare i progressi verso l’integrazione, a partire da quelli sull’Unione economica e monetaria e sull’Unione bancaria.
“C’è uno strumento molto potente, nato a seguito della crisi greca, che è dotato di una ricchezza superiore a 500 miliardi di euro” afferma Padoan riferendosi al Meccanismo europeo di stabilità (Mes), conosciuto anche come fondo salva-Stati, che a suo avviso è una enorme mole di risorse comuni “che giacciono inattive come in un gigantesco frigorifero. Perché non utilizzarne un po’ per obiettivi comuni?”, si chiede. La sua proposta è di usare il Mes per gestire il “periodo di transizione” verso il sistema di garanzia sui depositi bancari e il fondo unico di risoluzione, ovvero per completare i passi mancanti dell’Unione bancaria.
Padoan, come ha fatto ieri a Bruxelles, stigmatizza “l’assenza di fiducia reciproca tra i governi” europei, e ribadisce la convinzione che “riduzione e condivisione dei rischi debbano marciare di pari passo”. Su questo trova una sponda nella Commissione europea. L’intervento del direttore generale della Dg Affari economici e finanziari dell’esecutivo comunitario, Marco Buti, sottolinea infatti la necessità di “procedere in maniera parallela nella riduzione e nella condivisione dei rischi”.
Il problema dello stallo sui progressi dell’Unione bancaria, con la Germania che si oppone al sistema unico di garanzia sui depositi invocando prima un tetto ai titoli di Stato nei bilanci delle banche, appare dunque squisitamente politico. Anche per Buti, i mancati progressi nella condivisione dei rischi sono figli di un’assenza di fiducia, a sua volta causata “dall’assenza di una narrazione condivisa” su quali siano state le cause della crisi e, di conseguenza, su quali possano essere le risposte.
E’ necessario che gli Stati membri si mettano d’accordo su questo per poter trovare una “soluzione solida” e dare stabilità all’Unione economica e monetaria. Secondo il funzionario europeo, la soluzione passa per “una maggiore condivisione dei rischi”. Condividere “i rischi di bilancio, insieme con una politica fiscale più accomodante, che però non vuol dire un aumento dei deficit, aiuterebbe il compito della Bce” di risollevare l’inflazione attorno al 2%, spiega Buti. Poi, “una maggiore condivisione dei rischi privati, attraverso l’Unione bancaria e il mercato unico dei capitali”, consentirebbero “una minore condivisione di rischi di bilancio”. Infine, “una maggiore condivisione del rischio e una capacità fiscale europea”, ovvero una eurotassa o altre forme di introiti indipendenti dai contributi nazionali al bilancio comunitario, “rafforzerebbero l’attuazione del Patto di stabilità e crescita”.
La prospettiva è quella di un’unione fiscale. In questa chiave, ricorda Padoan, nel documento con le proposte italiane per il futuro dell’Europa “abbiamo inserito la proposta provocatoria di un ministro del Tesoro europeo con compiti non solo di controllo” dei bilanci nazionali, ma che coordini le politiche macroeconomiche e ne garantisca una gestione più “simmetrica” tra i vari Paesi. Con una simile figura, secondo Buti, “si passerebbe da una sorveglianza comune a una politica fiscale comune” per l’Eurozona. Un passaggio che richiederà modifiche dei trattati e dunque dipenderà molto dagli Stati membri. La Commissione presenterà “un libro bianco nella primavera del 2017”, promette Buti, bisognerà vedere se per allora si sarà formata una volontà politica tale da proseguire verso l’ulteriore integrazione.