Più che altro si lavora per normalizzare le relazioni, con Belgrado che guarda all’ingresso nell’Unione
A cinque anni dalla proclamazione di indipendenza di Pristina ancora cinque paesi Ue non riconoscono il nuovo stato
Si è da poco concluso l’ultimo round di negoziati tra Serbia e Kosovo, mediato dall’Ue. Bruxelles si è detta soddisfatta, il premier kosovaro ha definito l’incontro “costruttivo”, eppure, come lui stesso ha aggiunto “non è stato raggiunto alcun risultato concreto”. Tutte le discussioni sono state rimandate per l’ennesima volta.
Si tratta del sesto di una lunga serie di incontri che hanno per obiettivo la normalizzazione delle relazioni tra Pristina e Belgrado. Le trattative sono cominciate nel 2011 a livello diplomatico e dall’ottobre scorso sono gli stessi Premier serbo, Ivica Dacic, e kosovaro, Hashim Thaci, ad incontrarsi regolarmente a Bruxelles nel tentativo di giungere ad un accordo con l’aiuto e la mediazione dell’Ue.
Le discussioni riguardano principalmente i diritti politici ed economici dei Serbi che risiedono in Kosovo, che si concentrano in particolare nella zona nord dell’ex regione serba e rappresentano quasi il 5% della popolazione.
Nel febbraio 2008, il Kosovo ha dichiarato la sua indipendenza dalla Serbia. Nonostante l’opposizione, tra gli altri, della Russia, la Corte internazionale di giustizia si è pronunciata in favore della sua autonomia sostenendo che la richiesta “non viola il diritto internazionale”. Questo non ha, però, persuaso la Serbia, la quale ad oggi ancora non ne riconosce l’autonomia.
Sono 63 i Paesi che hanno riconosciuto il Kosovo, tra questi gli Stati Uniti e la maggioranza degli Stati membri dell’Unione europea, ossia tutti eccetto cinque: Spagna, Romania, Slovacchia, Cipro e Grecia. Un piccolo gruppo di Stati, i quali, per ragioni legate a spinte indipendentiste interne, non possono pronunciarsi su rivendicazioni indipendentiste di altri paesi, senza rischiare a loro volta ripercussioni sulla propria politica. Con cinque membri che vanno contro corrente, l’Ue non è, dunque, in grado di assumere una posizione unica e si trova così costretta al solo ruolo di supervisore delle trattative.
Nonostante tutto, entrambi i Paesi hanno deciso di prender parte alle discussioni ed al momento vi è un accordo di principio per la creazione di una Comunità di municipalità serbe in Kosovo, ma restano ancora da discuterne i poteri e le competenze.
Una soluzione è necessaria per entrambe le parti, una testarda presa di posizione potrebbe, infatti, compromettere l’accesso di Belgrado all’Ue. La richiesta di candidatura, fatta nel 2009, è stata accettata nel marzo 2012, solo dopo aver firmato gli accordi di cooperazione con il Kosovo. Anche quest’ultimo, del resto, mira ad un futuro europeo, anche se, per motivi operativi, si trova più indietro, rispetto alla Serbia, sulla tabella di marcia.
Bruxelles crede che il futuro dei Balcani sia nell’Ue e spera che si giunga ad un accordo entro la metà di aprile. Così i negoziati proseguono senza sosta, nell’ultimo incontro, come dichiarato dall’Alto Rappresentante per gli Affari esteri Catherine Ashton “sono stati fatti buoni progressi e i lavori saranno portati avanti da qui al 20 marzo”, quando il trilogo si riunirà nuovamente.
Nel frattempo sono già in agenda un appuntamento a Bruxelles, lunedì prossimo, tra il Commissario Ashton ed i leader serbi e una visita dell’Alto rappresentante a Pristina per incontrare il Premier Thaci.
Camilla Tagino