Roma – La proposta è stata bocciata a maggioranza nella riunione Ecofin della scorsa settimana, ma la Germania non si dà per vinta sull’ipotesi di mettere un tetto ai titoli di Stato nei portafogli delle banche. Stavolta è Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, a tornare all’assalto sull’iniziativa fortemente osteggiata dal governo italiano. E lo fa da Roma, intervenendo a un incontro organizzato per discutere di ‘Solidità e solidarietà nell’Unione europea”.
Se si vuole stabilizzare l’Eurozona, ci sono “due alternative”, spiega Weidmann: “O gli Stati trasferiscono sia il potere decisionale sia la responsabilità per le questioni di bilancio a livello europeo, ad esempio nella forma di una unione fiscale europea. Oppure continuano ad avere la sovranità sul bilancio, sopportando però anche le responsabilità per le conseguenze”.
La prima delle due strade indicate, segnala il tedesco, “sarebbe il passo più grande nel processo di integrazione dall’introduzione dell’euro a oggi”. Tuttavia è “troppo ambiziosa” perché richiede modifiche ai trattati, “sia per un ministero delle Finanze comune per l’Area euro, dotato del proprio budget, sia per un sistema che permetta interventi regolamentati nei bilanci nazionali”. Rimettere mano alle regole pone una serie di limiti, e “al momento non vedo la volontà di superare questi limiti, né in Italia, né in Germania, né in altri Paesi”, taglia corto il numero uno della Banca centrale tedesca.
La seconda opzione, a suo avviso più percorribile nell’immediato, è che “ognuno si assuma le proprie responsabilità”. Perché ciò accada, secondo Weidmann, serve innanzitutto che il controllore sia più inflessibile. La Commissione europea, a suo avviso, si trova in una “conflittualità degli obiettivi”, perché è il garante delle regole di bilancio, ma anche “un’istituzione politica chiamata a mediare tra gli interessi più diversi”. La conseguenza è che “tende continuamente a scendere a compromessi a danno del rispetto delle regole di bilancio”. La soluzione, per il banchiere centrale, è “un’autorità fiscale europea indipendente che assuma il compito del controllo di bilancio” attualmente di competenza dell’esecutivo comunitario.
L’altro elemento di responsabilità, secondo Weidmann, riguarda proprio le banche che “spesso detengono titoli del proprio Paese per un valore superiore al capitale proprio”. Ciò, a suo avviso, le espone al rischio di fallimento se fallisce il loro debitore più importante. È per “dissolvere lo stretto legame tra banche e Stati” che anche Weidmann, come il ministro del Tesoro tedesco Wolfgang Schaeuble, insiste sulla necessità di porre un tetto all’acquisto di titoli di Stato da parte degli istituti di credito.
Il governatore precisa che si tratterebbe di un limite al possesso di titoli di un singolo stato, e dunque “non significa automaticamente” che una banca “detenga in portafoglio complessivamente meno titoli di Stato”. Anzi, “essa può acquistare titoli di altri Stati fino al raggiungimento del rispettivo limite massimo. In questo modo la banca distribuisce il rischio”.
Inoltre, aggiunge ancora Weidmann, “questo tipo di regolamentazioni dovrebbe naturalmente essere introdotto con un periodo di transizione”, e proprio “perché avremo bisogno di tale periodo è importante procedere quanto prima”. Non solo l’idea non è stata abbandonata dopo la bocciatura all’Ecofin, dunque, ma ne viene anche indicata una certa urgenza. E per essere più convincente, il presidente di Bundesbank ripropone in tono soft il diktat di Schaeuble, il quale vincola all’adozione dei limiti per i titoli di Stato i progressi sul terzo pilastro dell’Unione bancaria, il meccanismo comune di assicurazione sui depositi.
“La riduzione dei rischi per le banche”, da perseguire proprio ponendo un tetto sui Bond da esse detenuti, sostiene Weidmann, “è tra l’altro un presupposto importante per la possibile introduzione di un fondo comune europeo di garanzia dei depositi”. Il successo del ministro dell’Economia italiano, Pier Carlo Padoan, che all’ultima riunione Ecofin ha trovato una maggioranza disposta a bocciare la proposta tedesca, è dunque solo una manche di una partita ancora tutta da giocare.
Un percorso difficile si prefigura anche per un’altra delle proposte care al governo italiano: l’assicurazione europea contro la disoccupazione. Il meccanismo promosso da Padoan dovrebbe servire ad annullare gli effetti di un ciclo economico sfavorevole sui livelli occupazionali. Ma per Weidmann è “difficile” gestire un simile struumento “evitando che si trasformi in trasferimenti strutturali” (leggi sussidi permanenti) verso alcuni Paesi che “hanno un tasso di disoccupazione strutturale il doppio” degli altri. Dunque, anche in questo caso servirebbe una maggiore cessione di sovranità nazionale, gestendo a livello europeo “le regole del mercato del lavoro”, suggerisce l’esponente del board Bce. Una condivisione che però “ancora non è matura”.
Non ancora maturi anche i tempi per giudicare come stia procedendo il dossier Grecia. “Sono in corso negoziati” e “il governo Tsipras ha cambiato la propria posizione” rispetto all’inizio delle trattative, registra il capo della Bundesbank. Bisogna vedere se Atene sottoscriverà le clausole di salvaguardia richieste dai partner europei sugli obiettivi di bilancio. E non si parli a Weidmann di ristrutturazione del debito ellenico, perché “copre il problema vero: alla Grecia serve una ristrutturazione del sistema economico”.
Si può invece parlare di ‘helicopter money’ – letteralmente lanciare i soldi dall’elicottero, ovvero distribuire moneta direttamente ai cittadini, in modo che aumentino i consumi e riparta la crescita – ma a patto che “il dibattito rimanga confinato nelle aule accademiche e non esca da lì”. Se per il presidente della Bce, Mario Draghi, l’helicopter money è una possibilità, non fosse altro per far intendere che quel “whatever it takes” (qualsiasi cosa per salvare l’Euro) non era uno scherzo, per Weidmann la chiusura è totale.