Bruxelles – La mancanza di risorse, sia umane che strutturali, è l’argomento principale che è stato affrontato al Parlamento europeo durante l’incontro dal titolo “Guerra informatica: una minaccia reale alla sicurezza dell’Ue”. Alla riunione, organizzata dalla commissione Affari esteri, e dalla sottocommissione alla Sicurezza alla difesa, si è discusso di molti argomenti riguardanti il cyber warfare, come il terrorismo online e i cyber attacchi.
“Le nuove minacce via internet sono molto pericolose, perché non conoscono barriere”, ha affermato Heli Tirmaa Klaar, responsabile del coordinamento delle politiche cibernetiche del Servizio di azione esterna dell’Ue. Queste minacce secondo l’esperta “non si fermano ai confini nazionali”, e per questo “allo stesso modo l’Europa, se vuole contrastarle, deve puntare al contatto e allo scambio di informazioni, sia tra i diversi Stati dell’Unione, sia con Paesi extra europei”.
Per adesso l’Ue sta collaborando con numerose potenze mondiali, come Stati Uniti, Cina, Brasile e Corea del sud, con cui condivide lo stesso interesse di lotta al cyber terrorismo, per fare in modo che eventi come l’attacco informatico all’Estonia avvenuto nel 2007 non accadano più. In quell’anno i principali siti internet, di quello che è uno dei Paesi più informatizzato del mondo (dove si vota addirittura online), vennero resi inaccessibili agli utenti, dopo che migliaia e migliaia di collegamenti sconosciuti li intasarono rendendoli inutilizzabili.
“Alla luce degli attacchi informatici avvenuti negli anni passati”, ha continuato Steve Purser, responsabile del nucleo operativo di Enisa (rete europea delle informazioni sulla sicurezza), “dobbiamo sbloccare fondi europei, perché le attuali risorse non sono sufficienti a finanziare la ricerca e quindi a garantire un possibile sviluppo nel settore informatico”.
“Oggi non si può, alla luce dei recenti sviluppi informatici, immaginare una probabile guerra futura senza il fattore digitale”, ha concluso Jamie Shea, vice segretario generale Nato per le sfide emergenti alla sicurezza, “ecco perché bisogna puntare a più investimenti, possibili solo grazie a politiche che sviluppino collaborazione mondiale, in un settore che ormai è parte di ogni aspetto della nostra vita quotidiana”.