Roma – “Per amore della concorrenza stiamo uccidendo le acciaierie di Terni”. Il primo vicepresidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, esprime un giudizio senza appello per le regole europee sulla libera competizione tra le imprese: “Sono obsolete, andavano bene per una realtà come quella degli anni 50, ma oggi la concorrenza è globale” e dunque la normativa “va cambiata”. Altrimenti, prosegue l’esponente del Ppe, si finisce nel paradosso che “per tutelare la concorrenza penalizziamo la capacità delle imprese europee di competere sui mercati globali”, come dimostra “la sfida della sovra-produzione cinese di fronte alla quale l’industria europea dell’acciaio non riesce a competere”.
Nel suo intervento alla presentazione del libro “Quanta Europa c’è in Europa” del giurista Beniamino Caravita, presso la sede dell’Istituto Jemolo, a Roma, Tajani attacca anche la Dg Competition della Commissione europea. A suo avviso, “non può pretendere di passare sopra il Collegio” dei commissari, imponendo decisioni come fosse “il custode del Vangelo” sulla libera competizione tra imprese. L’intervento dell’eurodeputato rientra in un ragionamento più ampio sul percorso di integrazione europea che a suo avviso si trova “a metà del guado” e “per arrivare dall’altra parte serve la politica”, afferma. L’attraversamento “non può essere fatto dall’economia e non può essere sempre la Bce a sostituirsi alle istituzioni” dell’Ue, ammonisce però, sottolineando come la gestione dei flussi migratori e la minaccia terroristica impongano passi avanti nella politica estera comune che, “pur essendo prevista dai trattati, di fatto non esiste come non esiste una politica comune di sicurezza”.