Bruxelles – Si parte, in fretta. Appena due giorni di tempo e le isole greche cominceranno ad essere svuotate sistematicamente: tutti i migranti che arrivano in modo irregolare dalla Turchia, ci saranno rimandati. È l’effetto più immediato dell’accordo faticosamente trovato a Bruxelles tra i Ventotto e il governo di Ankara per fermare il flusso di migranti in arrivo attraverso l’Egeo. Risolte, almeno sulla carta, le preoccupazioni legali che avevano fatto sollevare alcuni Stati membri contro l’accordo. Ogni domanda d’asilo, si garantisce nella dichiarazione finale, sarà trattata individualmente così come previsto dalle leggi internazionali e con il coinvolgimento dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Tutto insomma avverrà “in pieno accordo con le leggi internazionali, escludendo ogni tipo di espulsione collettiva”. Il testo, su richiesta turca, specifica anche che i costi per i ritorni dei migranti irregolari saranno coperti dall’Ue.
Il tetto dei 72mila reinsediamenti – Secondo lo schema ‘uno a uno’ verranno rimandati in Turchia tutti gli immigrati irregolari che arriveranno in Grecia, e per ogni siriano che ci sarà tra questi un altro siriano potrà ripartire per l’Europa, fino appunto alla quota di 72mila. L’Europa dà però, per il momento, una disponibilità all’accoglienza limitata: accetterà di reinsediare negli Stati membri 72mila persone. Quando si arriverà vicini a questa soglia, l’accordo sarà rivisto, mentre se si dovesse superare di molto significherebbe che la Turchia non sta mantenendo fede alla promessa di bloccare gli arrivi e tutto l’accordo dovrebbe saltare. Ma “72mila non è il numero di migranti totali che l’Europa riceverà” si dice sicuro il premier turco, Ahmet Davutoglu che parla di un “contingente preliminare” per avviare lo scambio nella “prima fase”.
Juncker: “Sarà opera erculea” – Concordato il principio resta, e non è poco, la messa in atto. “L’accordo è praticabile”, assicura il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker che ammette però: “L’Ue è di fronte ad un’opera di dimensioni erculee, soprattutto la Grecia che sta facendo fronte alla più grande difficoltà logistica nella storia dell’Ue”. Ci sarà da trovare sistemazione ai circa 4mila esperti che gli Stati membri e le agenzie Ue dovranno inviare in Grecia per aiutare con le operazioni di valutazione delle domande di asilo e i costi di tutta l’operazione, secondo il capo dell’esecutivo comunitario, “arriveranno a 280-300 milioni nei prossime sei mesi”. Le identificazioni dei migranti dovranno essere effettuate in Grecia prima della ripartenza per la Turchia e i casi dei richiedenti asilo presi in esame uno a uno.
Il processo di adesione – Nella dura trattativa l’Europa è riuscita a tenere testa al premier Davutoglu e ha concesso meno rispetto alle iniziali richieste di Ankara. Ha retto, ad esempio, il veto cipriota sui cinque nuovi capitoli negoziali che la Turchia avrebbe voluto vedere aperti. Nella dichiarazione finale è citato soltanto il capitolo 33, quello relativo al budget, che dovrebbe essere aperto entro la presidenza dei Paesi Bassi cioè entro giugno 2016. Nessuno dei cinque capitoli per cui Ankara spingeva (energia, diritti fondamentali, giustizia, educazione e difesa) è invece specificamente menzionato. Ci si limita a dichiarare che il lavoro sugli altri capitoli continuerà e sarà accelerato. Un “risultato solo parziale ma una parte è meglio di niente”, si accontenta il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, secondo cui l’intesa costituisce comunque un passo avanti nel processo di pace cipriota.
Tre miliardi aggiuntivi – Nella dichiarazione finale si parla anche dei tre miliardi aggiuntivi che il governo turco aveva chiesto per le spese legate alla gestione dei profughi. Ma si chiarisce che si mobiliteranno soltanto una volta esauriti i primi tre miliardi e soltanto se gli impegni turchi saranno rispettati. Per velocizzare l’esborso della prima tranche, già entro una settimana, il governo turco e la Commissione europea dovrebbero presentare progetti concreti a cui gli Stati dovranno contribuire
Liberalizzazione dei visti – Davutoglu riesce a portare a casa il risultato invece sul punto forse più caro e già sbandierato come una vittoria in patria: la liberalizzazione dei visti con l’Europa. La dichiarazione finale parla, così come chiesto da Ankara, della fine di giugno, anche se i leader hanno ribadito che non saranno fatti sconti ad Ankara che dovrà rispettare tutti i 72 i requisiti fissati. Ankara per il momento è il linea solo con 37.