Roma – C’è il “rischio concreto che decisioni unilaterali di singoli Paesi per il ripristino delle frontiere – non l’intensificazione dei controlli, ma sic et simpliciter la reintroduzione delle frontiere – possano far crollare Schengen”. È il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, a sottolineare questo pericolo in un’audizione alla Camera dei deputati. Una minaccia ancor più rovinosa, prosegue, perché “non si torna indietro da decisioni del genere. Potrebbero rivelarsi molto difficili da rivedere, quasi irreversibili e avrebbero effetti economici devastanti”.
Per arginare la possibilità che il sistema della libera circolazione si frantumi sotto le attuali spinte di diversi governi, il titolare della Farnesina ha sottolineato come sia importante che il “messaggio politico e morale” venuto fuori dall’incontro di ieri tra i ministri degli Esteri dei sei Paesi fondatori della Comunità economica europea, progenitrice dell’attuale Ue. In quella sede è emersa “condivisione sulla necessità di affrontare la questione migratoria in maniera condivisa”, unitamente a quella del controllo delle frontiere esterne dell’Unione.
Riferendo sullo stato di avanzamento dell’integrazione europea, il ministro ha parlato della Brexit, definendo “una buona base” la proposta avanzata dal presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, nel negoziato con il Regno unito per la permanenza tra gli Stati membri. Il capo della diplomazia italiana mette però in guardia dallo “spingerci troppo oltre” nelle concessioni a Londra, “perché un minuto dopo altri Paesi chiederebbero di ricontrattare” la propria adesione in maniera analoga.
Gentiloni ha rassicurato poi il presidente emerito della Repubblica, Giogio Napolitano, che al pari del capogruppo di Sinistra italiana alla Camera, Arturo Scotto, ha espresso alcune perplessità relative alla bozza di accordo con il Regno unito. Il governo “userà cautela” nel valutare il documento, ha promesso il ministro, aggiungendo che comunque “non sarà scontato il passaggio all’Europarlamento” del testo che uscirà fuori dal Consiglio europeo.
Anche se l’accordo dovesse avere l’avallo dei Ventotto e del Parlamento europeo, poi bisognerà aspettare l’esito del referendum sulla Brexit, che in ogni caso, anche con una vittoria della permanenza nell’Ue, aprirebbe una riflessione sul futuro dell’Unione europea. Riflessione che porta a “un’interrogativo che era ben presente ieri” alla riunione dei Paesi fondatori, ha indicato Gentiloni. I sei ministri, ha rivelato, si sono chiesti se, di fronte a un contesto globale “che necessita di una Europa unita”, tale esigenza di unità “sia compatibile con una unione europea a 28”.
Il tema dunque, è quello dell’Europa a due velocità, o a due cerchi, o a “diversi livelli di integrazione”, come preferisce chiamarla il titolare degli Esteri, che non riferisce come i suoi colleghi abbiano risposto all’interrogativo, ma ribadisce che a suo avviso questa “differenziazione non è una scelta ma una realtà”. Quindi, ha spiegato, “il problema non è il rischio di creare” differenze ma capire come “governare la differenziazione” che già esiste. Un argomento sul quale si continua a riflettere, ma si inizierà a fare sul serio solo dopo il referendum britannico.