colonna sonora: Zero 7 – Truth & Rights
Sono qui ai piani alti dell’IPC, internescional press center. Sto in piedi di fronte alla gigantesca finestra affacciata sul palazzo della Commissione. Immagino la mia siluèt da dietro e mi metto un po’ in posa.
Sto pensando al passato, alla mia Roma sporca, caotica e inquinata ma così bella da far male. Ai miei genitori che invecchiano lontani, pur restando sempre bellissimi. A mio figlio che è nato in un paese che non mi appartiene, ma che forse può dargli più possibilità ed evitargli il provinciale razzismo italico. Sento la lacerazione interna per la responsabilità di dover scegliere per il suo futuro, tra i supplì e le frites.
Tra chi segue le regole a testa bassa e chi le reinterpreta con la faccia al sole.
Penso a quello che ho di fronte: il cuore dell’Unione Europea, il palazzo più importante di tutti. O forse solo un’immenso carrozzone pagato con i nostri soldi per evitare che ci bombardiamo tra vicini di casa. E per rendere più facile ai ricchi diventare più ricchi, spostando i propri affari da un paese all’altro, mandando a casa migliaia di operai, ma aumentando i profitti fino a che nessuno potrà più comprarsi un cazzo.
Per lo meno posso affittare una macchina e in quaranta minuti andare a prendere il fumo in Olanda.
Da quando sto qui ho capito l’importanza di Schengen, ma mi rendo conto che in Italia non ne avevo un gran bisogno, perché c’è molto più da girare lì che in tutta Europa. O forse era solo il tipico provincialismo mandolino-centrico.
Guardo i raggi del sole che scivolano sull’aria ghiacciata e rimbalzano tra le facciate di cristallo dei palazzi del potere. Per strada tante formichine escono ed entrano dalle porte girevoli. Formichine di lobby multinazionali che portano granelli di neoliberismo malato negli ingranaggi istituzionali, mentre i cittadini contribuenti si illudono che gli esperti strapagati lavorino per il loro bene: dipende tutto dalla bravura dei lobbisti, che a onor del vero esistono anche del lato non oscuro.
A Roma c’è il guano, a Bruxelles ci sono vagonate di merda. A Roma c’è polemica sulle unioni civili, a Bruxelles i gay si sposano e adottano bambini. A Roma c’è il Papa che tutti si dimenticano essere il capo di un altro Stato, a Bruxelles c’è l’eutanasia. A Roma non esci la sera perché poi non sai dove parcheggiare, a Bruxelles esci a piedi. A Roma c’è il sole, a Bruxelles piove.
Meglio i supplì o meglio le frites?
Il vento è freddissimo, sembra quasi che oltrepassi il vetro, anche se negli uffici c’è un clima tropicale e le tutte le luci sono accese, spesso anche di notte. Eppure ancora arrivano le meil entusiastiche del Cop21 salvatore del mondo, di un mondo immaginario.
Le bandiere blu stellate di fronte al Berlaymont si muovono veloci, forse per scaldarsi, forse per prendere il volo e andarsene in un paese caldo. Più si va a sud, più le bandiere europee sono scolorite dal sole, più è scolorita l’idea stessa dell’UE. Sono tante le cose che non vanno al sud, ma c’è sempre tempo per pensarci dopo, anzi ci penserà qualcun altro, andiamo al mare va. Voi che potete.
Un nuovo anno è iniziato. Significa 365 nuove opportunità. Significa che siamo ancora vivi e anche se non possiamo cambiare il mondo possiamo cambiare prospettiva. Per ora la mia prospettiva è questa dall’alto, sulle bandiere europee, guardando finestre importanti, alle quali si può arrivare solo se sei qualcuno molto bravo o molto spietato.
E’ durante quest’ultima riflessione che il cuore mi salta in gola perché all’improvviso mi ritrovo di fronte due uomini. Vicinissimi, ma fuori dalla finestra, forse volano. Hanno un secchio, una spugna e un tergivetro. Hanno anche freddo ma sono ben coperti e uno sta raccontando qualcosa di molto divertente, a giudicare dalla risata dell’altro.
Ecco, quella risata mi rimette al mondo. La risata di un uomo appeso a decine di metri da terra, di fronte a finestre dove succedono cose importantissime, importantissime forse per qualcun altro, che vengono sciacquate via da quella risata libera.
Supplì o frites, quello che spero per mio figlio è che non gli manchi mai la risata, l’unica cosa in grado di scaldare tutto, anche l’aria algida del (bucio del) cuore dell’Europa.
Buon anno nuovo a chi sa che quest’anno sarà il suo anno, come ogni anno: e se non sarà così, si farà una risata aspettando il prossimo.