di Romano Prodi
Dopo il lungo flirt fra Matteo Renzi e Angela Merkel si è passati quasi improvvisamente ad un periodo di tensione, con recriminazioni reciproche e sfide verbali delle quali non si era avuto alcun sentore in precedenza.
Da parte dei media tedeschi questo cambiamento di fronte non è stato in un primo tempo oggetto di rilevante attenzione, anche perché la Germania era soprattutto dedicata al problema degli immigrati e del terrorismo. Il dibattito politico si era quindi concentrato sulle conseguenze che questi eventi epocali avrebbero potuto esercitare sul governo di coalizione e sulla robustezza politica della signora Merkel. Non vi era certo molto spazio per polemiche con l’Italia.
Nel corso delle vacanze natalizie i due più autorevoli quotidiani tedeschi, e cioè prima la Süddeutsche Zeitung e quindi la Frankfurter Allgemeine Zeitung, hanno dedicato la dovuta attenzione ai rapporti con il nostro paese.
La tesi di fondo, identica negli editoriali di tutti e due i giornali, è che il cambiamento di fronte italiano sia dovuto a interessi di politica interna del nostro governo. Per allentare la tensione e il calo di popolarità sarebbe quindi per noi conveniente colpire una Germania diventata troppo potente ed egoista e rimpiangere i tempi quando questo paese era più fragile e quindi, come scrive Stefan Ulrich nella Süddeutsche, «anteponeva gli interessi europei a quelli tedeschi».
Lo stesso editorialista compie poi un passo in avanti ammettendo che si tratta di un’irritazione autentica, in quanto esistono ormai sei punti di divergenza fra l’agenda politica tedesca e quella italiana. Tali divergenze riguarderebbero lo scarso aiuto che gli italiani avrebbero ricevuto dalla Germania per i rifugiati in arrivo sulle nostre coste, l’opposizione tedesca al fondo di assicurazione comune per i depositi bancari, la lentezza nel risanamento del bilancio pubblico italiano, l’eccessivo potere germanico nei palazzi e nei corridoi di Bruxelles, la decisione tedesca di raddoppiare il grande gasdotto tra la Russia e la Germania proprio nel momento in cui (ultimo punto) è la Germania stessa a volere prolungare le sanzioni contro la Russia, sanzioni sulle quali l’Italia non è d’accordo.
Alla fine, quindi, lo stesso Ulrich finisce con l’ammettere che tra i due paesi non esistono soltanto differenze tattiche ma anche di sostanza. Egli tuttavia esclude che, puntando su questi punti di dissenso, Renzi possa divenire leader di una sinistra sud-europea contrapposta alla Germania dato che Renzi «ha radici cristiano-democratiche ed è politicamente più vicino alla… Merkel che al greco Tsipras o allo spagnolo Iglesias».
Meno sfumata e più muscolosa è la posizione della Frankfurter, secondo cui «l’apparato di propaganda di Renzi e i media spesso catturati nella contemplazione dell’ombelico politico romano» appoggerebbero «le leggende e le mezze verità» del governo italiano, la cui strategia sarebbe quella di fare fronte comune con gli altri governi sud-europei in modo che anche gli altri capi di governo possano «distribuire più soldi alle loro clientele elettorali» e possano annunciare «programmi di spesa che (nelle intenzioni) avrebbero l’effetto di accelerare la crescita».
Il contenuto di quest’articolo non sorprende perché queste sono sempre state le tesi del suo autore, il corrispondente da Roma della Frankfurter. Tobias Piller non prende infatti nemmeno in considerazione i punti sollevati dal suo collega e passa direttamente all’attacco sostenendo che, essendo troppo complicato rendere forte l’Italia con le riforme, il nostro governo mette in atto gli strumenti tradizionali: «più deficit, svalutazione della moneta e sostegno della Banca centrale europea».
A conforto di questa tesi Piller sottolinea, ovviamente, il continuo aumento del debito pubblico italiano che, a dispetto di ogni proposito, è passato «dal 99,7% del PIL nel 2007 al 132,3 nel 2014, con tendenza per ora in crescita». Anche secondo Piller, pur con motivazioni diverse da quelle di Ulrich, l’Italia non potrà quindi «mai aspirare a coprire un ruolo guida in Europa».
Due sono quindi le tesi comuni di questi pur diversi editoriali: la prima che le posizioni anti-germaniche dell’Italia sono frutto di scontate esigenze di politica interna e la seconda che il problema italiano non preoccupa più di tanto la Germania perché l’Italia è isolata.
Alla prima obiezione si può rispondere con le stesse parole di Tobias Piller nei nostri confronti. Infatti, a cominciare dal caso greco, anche per la cancelliera tedesca, ha contato «ciò che era utile nella politica del giorno per giorno e nella futura campagna elettorale». E possiamo anche aggiungere che questo appello all’esclusivo interesse nazionale da parte di tutti i paesi sta distruggendo l’Europa e il nostro futuro.
Bisognerà però compiere una profonda riflessione sul secondo punto e cioè sull’isolamento dell’Italia perché, senza una solida alleanza fondata su una politica condivisa con altri paesi, non vi è alcuna possibilità di bilanciare il potere tedesco, che domina sempre più incontrastato a Bruxelles. Anche i tedeschi dovrebbero tuttavia rendersi conto che la continuazione di questa politica di dominio finirà col distruggere l’Europa e quindi la stessa Germania.
Pubblicato su romanoprodi.it il 10 gennaio 2016.