Bruxelles – La Commissione europea prima ancora di iniziare il dibattito con Consiglio Ue e Parlamento, sul riconoscimento dello status di economia di mercato alla Cina, deve presentare un’accurata valutazione d’impatto. A chiederlo è l’eurodeputata del Pd, Alessia Mosca, responsabile della questione per il gruppo dei Socialisti & Democratici all’Assemblea comunitaria, secondo cui sarebbe “inaccettabile” un riconoscimento automatico alla fine dell’anno come richiede Pechino
L’esecutivo comunitario ha deciso di rimandare alla seconda metà dell’anno la proposta sul riconoscimento dello status di economia di mercato alla Cina. Come valuta questa scelta?
“Da una parte questa notizia preoccupa, perché ovviamente più tempo passa meno possibilità di intervento ci saranno. Ma il lato positivo della cosa è il segnale che sia emersa una discussione perché si affronti questo tema, grazie anche alle pressioni che il Parlamento esercita da mesi”
Cosa si deve fare ora secondo lei?
“Un eventuale riconoscimento da parte dell’Europa dello status di economia di mercato alla Cina avrebbe implicazioni economiche e occupazionali. La Commissione, prima ancora di aprire una discussione, deve presentare una valutazione di impatto perché ci consente di avere un quadro della situazione. Finora questa valutazione è stata negata ma senza è impossibile una discussione”.
La Cina afferma che secondo le regole del Wto a decembre lo status di economia di merato le dovrebbe essere garantito
“La questione è aperta, un parere giuridico del Parlamento europeo dice che c’è una zona grigia tale per cui non c’è una univocità di interpretazione. La Cina pone la questione come se fosse dovuta ma da un punto di vista giuridico, noi ci opponiamo all’automatismo. La nostra non è solo una posizione politica ma ha anche un fondamento giuridico”
Se si darà il via libera alla Cina sarà più difficile applicare norme anti-dumping, i prezzi delle merci esportate verranno confrontati con i prezzi nazionali, e non con quelli di un Paese terzo
“La questione dei prezzi delle merci è fondamentale. È questo che intendiamo quando chiediamo che vengano rispettate le stesse regole. Nelle relazioni con un colosso come la Cina è chiaro che alcuni settori possono andare in difficoltà, ma questo sarebbe accettabile se ci fosse una condizione di parità. Ma se lì i prezzi delle merci vengono determinati in modo completamente diverso rispetto alle nostre regole è chiaro che questa cosa non può essere accettata. Come Ue siamo portatori della bandiera della concorrenza leale e perché ci possa essere una competizione equa questa deve valere nelle relazioni con i nostri partner”
Pensa che la Cina sia un partner affidabile?
“La Cina è un partner commerciale e politico di grande importanza, per gli investimenti ma anche per tanti accordi, si pensi ad esempio a quello sul Clia ottenuto a parigi, che è stato possibile anche grazie a un protagonismo della Cina. Noi non vogliamo ridurre la portata delle nostre relazioni e non ci poniamo in posizione di protezionismo per scelta economica o ideologica, la nostra non è una posizione semplicemente di difesa. Vogliamo che si accetti il principio della parità delle regole”.
Il Parlamento sembra compatto nel voler bloccare il riconoscimento dello status
“Abbiamo una compattezza abbastanza trasversale tra i vari gruppi, ma il Parlamento non è l’unico a decidere. Quando ci sarà la proposta della Commissione dovremo valutarla insieme agli Stati membri del Consiglio. La nosra non sarà una battaglia ideologica, vogliamo avere una posizione costruttiva, ma alcune delle proposte che stanno trapelando sono inaccettabili”.
A cosa si riferisce?
“Una delle ipotesi in campo è di modificare le regole sul dumping a livello settoriale. Non può essere una buona strada, sarebbe un rischio determinare quali settori possono essere intaccati o quanti meno dalla concorrenza cinese. Questa soluzione, ripeto, sarebbe inaccettabile”.