Bruxelles – David Bowie è morto. Il grande artista britannico è morto ieri “in pace” dopo una “coraggiosa lotta di 18 mesi” con il cancro. L’annuncio è pubblicato sulla pagina Facebook del musicista. “David Bowie è morto in pace oggi circondato dai suoi familiari dopo una coraggiosa lotta di 18 mesi contro il cancro. Se molti di voi condivideranno il lutto, vi chiediamo di rispettare la privacy della famiglia”, afferma il post datato ieri. Bowie, il cui vero nome era David Robert Jones, aveva compiuto 69 anni l’8 gennaio, lo stesso giorno in cui è uscito il suo ultimo album, Blackstar, un ritorno accolto con favore dalla critica, in cui il musicista si reinventava, ancora una volta, tra jazz sperimentale e new wave.
January 10 2016 – David Bowie died peacefully today surrounded by his family after a courageous 18 month battle… https://t.co/ENRSiT43Zy
— David Bowie Official (@DavidBowieReal) January 11, 2016
La notizia è stata diffusa anche sul profilo twitter del musicista.
Scrive Piero Negri su La Stampa:
L’ultima apparizione su un palcoscenico di David Bowie, scomparso l’11 gennaio a 69 anni, risale al novembre del 2006, in un concerto di beneficenza di Alicia Keys: insieme, cantarono Changes. Da quando era nata Alexandria Zahra (2000) e soprattutto dopo che nel 2004, in Germania, aveva rischiato di morire per il blocco di un’arteria coronaria, lui si era dimesso dal ruolo di rockstar per fare il papà: andava (come Vasco Rossi, d’altra parte) alle recite scolastiche della figlia, frequentava il solito bar italiano in Lafayette Street, dove nessuno lo disturbava, e sfruttava l’anonimato che gli regalava New York per registrare canzoni all’insaputa di tutti.
Nel 2013, a dieci anni dall’album precedente, quando tutti pensavano che la musica l’avesse perso per sempre, aveva fatto uscire l’album The Next Day, probabilmente registrato un paio d’anni prima (la questione non è mai stata chiarita), e l’8 gennaio scorso, nel giorno del suo sessantanovesimo compleanno, ha pubblicato – di nuovo a sorpresa – un altro album, Blackstar. In copertina c’è solo disegnata una stella nera, senza indicazioni né nomi. La canzone che porta lo stesso titolo dura 9 minuti e 57 secondi (in origine undici, è stata tagliata perché iTunes non vende brani oltre i dieci minuti), da quando è uscita, a fine novembre, ha stimolato analisi accuratissime, condotte in parallelo con il video. Tutti concordano sul fatto che riguardi la religione, e che tra i personaggi evocati vi siano Gesù Cristo, Buddha, Major Tom (protagonista di alcune sue celebri canzoni a partire da Space Oddity, 1969). Qualcuno pensa che parli dell’Isis, ma nessuno è riuscito a spiegare perché la luce che sta «al centro di tutto» e che sembra essere l’ultima speranza dell’umanità si trovi nel villaggio di Ormen, in Norvegia.
Quel che è certo è che Blackstar (la canzone) è la chiave per interpretare Blackstar (l’album), che nelle altre sei composizioni batte strade abbastanza diverse, e quasi tutte meno estreme. Bowie l’ha realizzato con il quartetto jazz del sassofonista Donny McCaslin, che aveva ascoltato dal vivo nella primavera 2014 e che subito dopo ha convocato in un piccolo e mitico studio di New York. I jazzisti hanno suonato le sette canzoni (per una durata totale da lp, 42 minuti) che Bowie ha cantato e sulle quali – solo con il fido Tony Visconti – ha aggiunto gli effetti vocali, raddoppi ed eco.
«L’obiettivo – ha detto Visconti – era evitare il rock’n’roll»: i jazzisti, insomma, sono stati usati per far suonare in modo nuovo, mai sentito prima, le canzoni. Missione compiuta: la prima impressione che lascia Blackstar è quella di una raffinatezza assoluta. Come è accaduto nei momenti migliori della carriera di Bowie, il suono sembra arrivare da una dimensione parallela (l’alieno è da sempre il personaggio che lo rappresenta), vicina alla nostra eppure stranamente perturbante.
Facile dirlo, per un album che si intitola «Stella nera», ma un’oscurità di temi e di toni ammanta il tutto. È possibile, anzi probabile, che il musical Lazarus che Bowie ha concepito, in scena ora a New York, e dal quale è tratta la canzone con lo stesso titolo contenuta in questo album, sia ciò che lo ha convinto a tornare a fare musica e a farlo con un album come Blackstar. Che è comunque bellissimo, nero come una notte senza Luna e altrettanto minaccioso.
(Questa parte dell’articolo è stata tratta da lastampa.it)