Bruxelles – Il ruolo della Russia nello scenario siriano aumenta tra i membri dell’Alleanza atlantica la disponibilità al dialogo con Mosca: dire che c’è un’alleanza “sarebbe esagerato, ma certamente c’è una condivisione dell’importanza di tenere aperto il dialogo che fino a qualche mese fa era molto molto minore”, riporta il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni durante la prima giornata della ministeriale Nato in corso a Bruxelles. Una situazione ben diversa rispetto a “quando ne parlavamo un anno fa” ed “eravamo gli unici a sostenerlo”, ricorda Gentiloni. Certo quelle “del dialogo e della cooperazione” sono “vie difficili” come dimostra l’incidente avvenuto con la Turchia, ma trattare con Mosca “è oggi comunque indispensabile per gestire le crisi”, insite il titolare della Farnesina, secondo cui a favorire le aperture verso Mosca è stato soprattutto “il dialogo a Vienna che inevitabilmente ha coinvolto la Russia e che forse senza il coinvolgimento della Russia non sarebbe stato possibile”. A questo proposito l’Italia auspica che “l’incidente grave” avvenuto tra Russia e Turchia “non abbia dei riflessi negativi sul processo di Vienna e che le tensioni possano gradualmente scalare”.
Ma l’attenzione non è concentrata unicamente sulla Siria. A margine della ministeriale, il ministro degli Esteri ha avuto un bilaterale con il segretario di Stato americano, John Kerry durante il quale “si è parlato soprattutto di Libia” e il nostro Paese e gli Stati uniti si sono impegnati “a cercare di sviluppare nelle prossime settimane le condizioni per consentire alle parti libiche di prendere la decisione sulla formazione di un governo di unità nazionale”, spiega Gentiloni. A questo fine “Italia e Stati Uniti hanno deciso di lavorare intensamente e insieme” convinti di potere dare “un contributo decisivo”, spiega il ministro degli Esteri.
Il segretario di Stato, riporta Gentiloni, ha anche “confermato, come detto recentemente anche dal presidente Obama, quanto sia apprezzato il nostro ruolo nella partita anti Daesh”. D’altra parte sia in Afghanistan che in Iraq, ricorda il ministro, l’Italia è, dopo gli Stati Uniti, uno dei Paesi più impegnati soprattutto nel training delle forze di polizia “a cui la coalizione dà una importanza enorme”. Ciò nonostante “certamente c’è la possibilità” di “valutare insieme ulteriori incrementi” dell’impegno italiano, sottolinea Gentiloni.
Parlando di Afghanistan, l’Italia “ha confermato la decisione di continuare ad essere framework nation nel 2016” con una presenza sul territorio di “circa 900 unità basate prevalentemente nell’area occidentale, soprattutto a Herat”, conferma il ministro degli Esteri. Una decisione che il nostro Paese ha preso perché l’impegno in Afghanistan appare “sempre meno remoto”, sia per il terrorismo, visti “i contatti consistenti tra Daesh e i talebani”, sia per l’immigrazione, visto che “gli afghani sono il secondo o terzo gruppo più rilevante” per gli arrivi in Europa.