Bruxelles – Una settimana prima, siamo già a meno quattro: tanti sono i capi di Stato e di governo Ue che hanno già ringraziato il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, ma hanno fatto sapere che no, all’ennesima riunione straordinaria sull’immigrazione non ci saranno. Il vertice è stato convocato con appena dieci giorni di anticipo, dopo la fine dei lavori del summit con i Paesi africani che si terrà 11 e 12 novembre a Valletta, ma l’idea sembra non avere riscosso grande successo. All’appello mancheranno sicuramente il primo ministro portoghese, Pedro Passos Coelho, il britannico, David Cameron, l’irlandese, Enda Kenny e Beata Szydło, da poco eletta premier della Polonia. Con il Paese di origine di Tusk si è aperto anche un piccolo caso diplomatico: proprio il 12 novembre, giorno in cui il presidente del Consiglio europeo ha convocato la riunione, è in programma la prima seduta del nuovo Parlamento. Facile dunque leggere nella scelta della data, più che una fortuita coincidenza, un voluto sgambetto al nuovo esecutivo.
“Perchè Tusk ci fa un dispetto, creando problemi alla fondazione del nuovo esecutivo?”, commenta ad una tv polacca Witold Waszczykowski, probabile futuro ministro degli Esteri, annunciando che la Polonia sarà rappresentata a Malta probabilmente solo da un ambasciatore. Il problema però non è solo la data: “Non si capisce a che cosa debba servire” il vertice straordinario, sottolineano senza mezzi termini da Varsavia. Una domanda che, anche se non così apertamente, sono in molti a farsi in queste ore.
Il dubbio sul perché sia stato convocato il summit, ammettono fonti europee, è abbastanza diffuso e non trova una vera risposta. Dopo il vertice dei leader (seppure in formato ridotto) tenutosi appena due settimane fa a Bruxelles sulla crisi dei Balcani e con le discussioni che procedono a livello di ministri (la questione rifugiati sarà sul tavolo dei ministri degli Interni lunedì) molti non vedevano la necessità di una nuova riunione dei capi di Stato. Alcuni sono anche arrivati a pensare che Tusk, sentendosi in qualche modo “messo da parte” da Juncker, che ha autonomamente deciso di convocare il vertice sui Balcani di due settimane fa, abbia in qualche modo voluto riaffermare la sua autorità richiamando i capi di Stato e di governo. Ma con questo livello di adesione la mossa rischia di ritorcerglisi contro.