Bruxelles – Arrivano e continueranno ad arrivare: entro il 2017, secondo la Commissione europea, i richiedenti asilo che tenteranno di cominciare una nuova vita in Europa saranno in tutto tre milioni. Un fenomeno dalle proporzioni mai viste e che non è più impossibile ignorare, nemmeno dal punto di vista dell’impatto economico. Così per la prima volta, nelle previsioni economiche d’autunno, l’esecutivo comunitario ha deciso di tentare di valutarne le conseguenze sulla situazione macroeconomica dei Paesi, con risultati forse sorprendenti per chi reputa il massiccio afflusso di migranti come un peso che rischia di schiacciare le economie europee. Per la Commissione, infatti, non solo l’Ue può assorbire senza problemi un flusso di tre milioni di persone in tre anni, ma anzi può anche trarne effetti positivi, seppure moderatamente, sulla crescita.
Secondo le valutazioni effettuate dalla Commissione, l’arrivo dei rifugiati potrebbe avere un impatto “debole ma positivo” sulla crescita europea, “dallo 0,2% allo 0,3% del Pil sino al 2017”, spiega il commissario Ue agli Affari economici, Pierre Moscovici, secondo cui i risultati dell’analisi “combattono una serie di idee preconcette e difendono la posizione che Jean-Claude Juncker e la Commissione europea stanno portando avanti in materia”. Ma certo questo possibile impatto positivo non sarà automaticamente garantito dall’arrivo dei migranti. Tutt’altro: “Dipenderà dagli sforzi che gli Stati faranno per integrare i migranti nel mercato del lavoro”, ammonisce Moscovici, secondo cui serve un “comportamento ambizioso” da parte degli Stati membri perché non ci possono essere risultati positivi senza “una politica pubblica di stimolo, accompagnamento e integrazione”.
Gli effetti positivi arriverebbero soprattutto da un aumento della manodopera in Paesi la cui popolazione sta gradualmente invecchiando e dalla disponibilità dei migranti ad accettare anche lavori al di sotto del loro livello di qualificazione, coprendo quelle posizioni lasciate scoperte dai cittadini del Paese. L’arrivo di tre milioni di persone corrisponderebbe ad un aumento della popolazione dello 0,4%, considerando che alcune delle domande saranno probabilmente rigettate con i conseguenti rimpatri. Considerando un tasso di accoglienza delle domande di circa il 50% e valutando che i circa i tre quarti dei rifugiati in arrivo siano in età lavorativa, la forza lavoro in Europa aumenterebbe di circa lo 0,1% entro la fine del 2015 e di circa lo 0,3% sia nel 2016 che nel 2017.
Certo l’afflusso di rifugiati si tradurrà anche in costi aggiuntivi per gli Stati. Per quelli di transito si stimano spese non superiori allo 0,2% del Pil per il 2015 (esattamente la flessibilità richiesta dall’Italia a fronte dei costi straordinari legati agli arrivi), percentuale che dovrebbe rimanere invariata per il 2016. Per i Paesi di destinazione, invece, si considera un impatto massimo dello 0,2% del Pil nel 2015 con un ulteriore “piccola crescita” nel 2016. Soltanto in Svezia, Paese con la più alta percentuale di rifugiati rispetto alla popolazione, i costi potrebbero raggiungere, secondo la Commissione, lo 0,5% del Pil, riducendo di conseguenza anche gli effetti positivi dell’arrivo dei rifugiati sulla crescita.
L’impatto in effetti varierà da uno Stato membro all’altro, con effetti più importanti sui Paesi di accoglienza che su quelli di transito. Per fare un esempio concreto, lo studio della Commissione prende il caso della Germania, Stato che ad oggi ha accolto il maggiore numero di migranti. Lo scenario cambia in base al livello di qualificazione dei rifugiati in arrivo: se dovessero avere lo stesso livello di preparazione della popolazione tedesca, il loro arrivo porterebbe ad una crescita del Pil del Paese dello 0,2% quest’anno e dello 0,4% nel 2016 per arrivare ad un +0,7% entro il 2020, visto che l’integrazione richiede comunque tempo. Se invece i rifugiati dovessero essere scarsamente qualificati, l’impatto sulla crescita potrebbe fermarsi al +0,4 o +0,5% nel medio termine.