Bruxelles – Dopo il vertice straordinario su difesa e Ucraina, appena due settimane fa, i capi di stato e di governo dell’Ue si ritrovano al tavolo del Consiglio europeo con l’intenzione di concentrarsi sulle azioni necessarie per rilanciare la competitività dell’Unione, l’altra faccia della medaglia degli impegni presi per rafforzare sicurezza e difesa. Man mano che ci si avvicina al confronto di domani (20 marzo) però, “gli eventi hanno trasformato l’agenda“, confida una fonte diplomatica. Dalla telefonata Trump-Putin alla ripresa dei bombardamenti israeliani a Gaza. Fino al tanto atteso Libro bianco per la difesa, presentato oggi dalla Commissione europea, che ha lasciato diverse perplessità tra le capitali.
Nell’ultima versione delle conclusioni che i leader dovranno approvare domani, si legge che il Consiglio europeo “chiede di accelerare i lavori su tutti i fronti per aumentare in modo decisivo la prontezza di difesa dell’Europa entro i prossimi cinque anni”. I 27 sono d’accordo nel “lavorare con urgenza sulle relative opzioni di finanziamento“. Un alto funzionario Ue ha ipotizzato che “non ci sarà una discussione approfondita” ad appena 24 ore dalla presentazione del Libro bianco per la difesa, ma solamente “un mandato chiaro per procedere rapidamente sulle proposte fatte”.
Ma in mancanza di quegli ulteriori strumenti di finanziamento che i leader avevano chiesto a von der Leyen di mettere sul piatto solo quindici giorni fa, “non è da escludere che gli Stati membri presentino posizioni su nuove opzioni da sviluppare”. Tra le righe, i Paesi sarebbero divisi tra chi nutre dubbi sull’efficacia delle misure proposte dall’esecutivo Ue e chi si riserva di approfondirle meglio. Il problema è che si tratta “soltanto di operazioni che spingono gli Stati membri a indebitarsi”, conferma una fonte. I famosi 800 miliardi in quattro anni sono un traguardo teorico, raggiungibile solo se tutti i 27 accettassero di attivare la clausola di salvaguardia del Patto di stabilità e indebitarsi per l’1,5 per cento del Pil. Così come di debito nazionale si tratta con i 150 miliardi di prestiti del Safe (Security Action for Europe), che andrebbero a completare gli 800 complessivi.
L’Italia, la Francia, la Spagna, anche la Germania. I grandi Paesi dell’Ue sarebbero tutti “titubanti” sulla possibilità di “indebitarsi su questi livelli”. Mentre i cosiddetti frugali (Paesi Bassi, Danimarca e Svezia) difficilmente chiederanno di avvalersi di tali strumenti. Insomma, il rischio è che a giochi fatti le idee di von der Leyen rimangano inespresse. “Von der Leyen può mettere a disposizione degli strumenti, poi la difesa è competenza nazionale e non spetta a lei decidere”, conferma una fonte.

Ma d’altra parte, nelle conclusioni del vertice manca anche un richiamo ad “ulteriori opzioni di finanziamento“, ovvero la possibilità che sia l’Ue a indebitarsi sui mercati per fornire sovvenzioni sul modello del NextGenerationEU. Come riferisce una fonte diplomatica, la ragione dell’assenza sarebbe una levata di scudi da parte dei paesi frugali guidati dai Paesi Bassi e anche dalla Germania.
I leader saranno ancora più timidi sul passo sull’Unione dei mercati dei capitali: “La questione della supervisione centrale è ancora fonte di divisione tra gli Stati membri”, conferma una fonte. E in effetti, nell’ultima bozza delle conclusioni di domani c’è solo un riferimento ad effettuare una valutazione d’impatto per identificare gli operatori sistemici per i quali una vigilanza unificata in settori chiave – come la compensazione, i titoli e i cripto-asset – potrebbe portare dei benefici. A opporsi ad una supervisione centralizzata dei mercati finanziari, sarebbero i soliti noti: Lussemburgo, Malta, Cipro, Irlanda. E Belgio. Gli Stati membri con centri o interessi finanziari , dunque.
Su Ucraina e Medio Oriente, se possibile, i leader rischiano di uscire anche peggio. Sul sostegno a Kiev, addirittura il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, avrebbe già rinunciato a provare a convincere Budapest a supportare le conclusioni. L’Ungheria ha pubblicamente affermato di essere in “disaccordo strategico” con il blocco, e dunque – così come due settimane fa – per passare il messaggio del supporto a Kiev su tutti i fronti ci sarà bisogno di una dichiarazione del presidente appoggiata da 26 Paesi membri, scorporata dal resto delle conclusioni.
Sulla rottura della tregua a Gaza e le nuove stragi di civili palestinesi da parte di Israele – quasi mille morti in meno di 48 ore -, i 27 non riescono nemmeno a “condannare” Tel Aviv. La presa di posizione – presente nella bozza precedente delle conclusioni – è sparita. Nell’ultima versione il Consiglio europeo si limita a “deplorare” la rottura del cessate il fuoco a Gaza, condannando “il rifiuto di Hamas di consegnare i rimanenti ostaggi”.