Bruxelles – Nella prima mattinata di oggi (19 marzo) la polizia turca ha arrestato il sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoğlu, nell’ambito di una maxi indagine sui legami tra corruzione e terrorismo. Imamoğlu è uno dei leader del principale partito di opposizione all’autoritario presidente Recep Tayyip Erdoğan, il Partito Popolare Repubblicano (CHP).
Secondo quanto riportato dall’agenzia stampa turca Anadolu, sono stati emessi mandati d’arresto per altre cento persone. Mentre le autorità avrebbero chiuso diverse strade e vietato le manifestazioni a Istanbul per quattro giorni, per scongiurare eventuali proteste dei sostenitori del primo cittadino. In un post pubblicato sul suo account X questa mattina, Imamoğlu si è “affidato non solo ai 16 milioni di residenti di Istanbul, ma anche agli 86 milioni di cittadini della Turchia e a tutti coloro che sostengono la democrazia e la giustizia in tutto il mondo”. Aggiungendo: “La volontà del popolo non può essere messa a tacere tramite intimidazioni o atti illeciti”.
Il presidente del CHP, Özgür Özel, ha rincarato la dose, sostenendo che “attualmente, c’è un potere in atto che impedisce alla nazione di scegliere il prossimo presidente”. Özel ha definito la detenzione di Imamoğlu come “un tentativo di colpo di stato contro il nostro prossimo presidente“. È in effetti da mesi che è in atto da parte delle autorità turche una campagna di criminalizzazione del CHP, accusato di legami con i separatisti curdi del Pkk. Già nel mese di febbraio, numerosi funzionari locali e membri eletti del partito di opposizione sono stati arrestati in diverse città del Paese. Quando non vengono arrestati, Erdogan li sostituisce frequentemente con funzionari nominati dal governo: dalle elezioni locali del 2024, il ministero dell’Interno ha destituito otto sindaci del partito filo-curdo DEM e due del CHP, una pratica condannata di recente anche dal Parlamento europeo.
L’arresto del sindaco di Istanbul – la cui dimora era stata perquisita nella giornata di ieri – arriva a pochi giorni dalle elezioni primarie del CHP, previste il 23 marzo. Appuntamento in cui Imamoğlu avrebbe dovuto essere indicato come candidato a sfidare l’egemonia di Erdogan, presidente della Turchia da oltre un decennio, alle prossime elezioni presidenziali del 2028. Già lunedì però, l’Università di Istanbul aveva deciso di annullare il diploma di Imamoğlu a causa di presunte irregolarità nel suo trasferimento nel 1990 da un’università privata nel nord di Cipro alla facoltà di economia aziendale, impedendogli di fatto la corsa alla presidenza. Secondo la legge turca, per candidarsi alle elezioni è obbligatorio aver conseguito una laurea.
Una mossa, quella dell’ateneo di Istanbul, ampiamente percepita in patria e all’estero come politicamente motivata, che lo stesso Imamoğlu aveva definito “illegale”. Il Partito Socialista Europeo ha indicato il presidente come responsabile, condannando in una nota il tentativo di Erdogan di “mettere a repentaglio la candidatura presidenziale del sindaco di Istanbul”. Nel maggio 2023, Erdogan è stato rieletto presidente della Turchia superando proprio lo sfidante del Partito popolare repubblicano, l’economista Kemal Kılıçdaroğlu. Una vittoria però molto più risicata di quel che ci si poteva attendere, conclusasi con il 52,16 per cento dei voti per Erdogan e il 47,84 per Kılıçdaroğlu. Un testa a testa che ha messo la pulce nell’orecchio a Erdogan in vista della prossima tornata elettorale.