Bruxelles – Nella corsa continentale al riarmo, Varsavia ha messo la freccia. La Polonia, già il membro Nato con la spesa in difesa più alta rispetto al Pil, intende ora dotarsi di testate nucleari e ingrandire il proprio esercito. In ballo, sostiene il premier Donald Tusk, c’è la tenuta del fronte orientale dell’Alleanza, e dunque la sicurezza dell’intero continente. Nel frattempo, la sua leadership si è scontrata con Elon Musk, che è minaccia uno stop a Starlink per Kiev.
Arsenale atomico
Ha le idee chiare, il primo ministro polacco Donald Tusk, su quello che serve al suo Paese in questa fase storica. Di fronte al Parlamento, il premier ha sostenuto lo scorso venerdì (7 marzo) la necessità di un salto di qualità nello sforzo bellico nazionale. Fino a dotare le forze armate di testate nucleari. “La Polonia deve raggiungere le capacità più moderne anche per quanto riguarda le armi nucleari e le moderne armi non convenzionali“, ha rimarcato in Aula, sottolineando che “questa è una corsa alla sicurezza, non alla guerra”.
Come esempio dei rischi che si corrono a non premunirsi adeguatamente, Tusk ha citato il caso ucraino: nel 1994, Kiev aveva siglato con Mosca il memorandum di Budapest, col quale aveva rinunciato al suo arsenale atomico di era sovietica in cambio del riconoscimento da parte russa della propria integrità territoriale. Vent’anni dopo, il Cremlino ha annesso la Crimea, e tre anni fa ha lanciato l’invasione su larga scala.

Varsavia non vuole essere la prossima a finire sul menù di Vladimir Putin, e anche per questo il premier ha informato l’emiciclo dell’imminente ritiro dai trattati internazionali che vietano l’uso delle mine antiuomo e delle bombe a grappolo. In gioco, dice, c’è la tenuta del fianco orientale della Nato.
Forze convenzionali
Parallelamente, Tusk ha annunciato l’intenzione di aumentare sostanzialmente l’organico dell’esercito, fino a raggiungere i 500mila effettivi. “Entro la fine dell’anno, vogliamo avere un modello pronto in modo che ogni maschio adulto in Polonia sia addestrato per la guerra e che questa riserva sia adeguata alle possibili minacce”, ha spiegato ai deputati.
Per le forze armate del Paese est-europeo, che attualmente contano circa 200mila unità (piazzandosi così al terzo posto nella Nato per grandezza, dopo Stati Uniti e Turchia, e al primo posto tra i membri europei dell’Alleanza), si tratterebbe di un aumento del 250 per cento. Secondo le cifre fornite dal premier polacco, l’esercito ucraino conta 800mila militari e quello russo 1,3 milioni.
“Ogni uomo sano dovrebbe volersi addestrare per essere in grado di difendere la patria in caso di necessità“, sostiene Tusk, secondo il quale anche le donne potranno offrirsi volontarie ma “la guerra è ancora, in misura maggiore, dominio degli uomini”. Il premier ha tenuto a specificare che non si tratta di un ritorno della leva obbligatoria, abolita nel 2008.
L’Europa cerca di arrangiarsi
La decisione, senza precedenti storici, arriva mentre Donald Trump sta scuotendo dalle fondamenta le certezze degli europei, che d’un tratto non sentono più di poter contare sull’ombrello di sicurezza offerto dagli Stati Uniti. È una consapevolezza amara, che si sta facendo rapidamente strada nel Vecchio continente a partire da Parigi, Londra e Berlino e ora, appunto, anche a Varsavia.
Dopo le ultime sparate del presidente statunitense, il suo omologo transalpino Emmanuel Macron si è reso disponibile ad estendere la deterrenza nucleare francese ai Paesi vicini, per sopperire almeno parzialmente a quella a stelle e strisce se dovesse venire meno nel futuro immediato. Una proposta a cui Tusk è interessato, tant’è che ne starebbe “parlando seriamente” con l’inquilino dell’Eliseo. Al contrario, il premier polacco si oppone ad un’altra idea cui sta lavorando Macron (insieme al primo primo ministro britannico Keir Starmer), cioè all’invio di truppe di terra in Ucraina per monitorare un eventuale cessate il fuoco tra Mosca e Kiev.

Dal canto suo, il prossimo Bundeskanzler tedesco Friedrich Merz – universalmente riconosciuto come uno dei politici più atlantisti della sua generazione – ha recentemente sottolineato la necessità che l’Europa si renda “indipendente” da Washington sulla difesa. Una necessità, quest’ultima, fatta propria anche da Ursula von der Leyen, che ha presentato la scorsa settimana il suo piano ReArm Europe per consentire all’Ue di affrontare le sfide strategiche che si trova di fronte, approvato dai leader dei Ventisette all’ultimo vertice straordinario del 6 marzo.
La centralità della Nato
Per quanto abbia insistito nuovamente sul concetto della “potenza” europea – “il nostro deficit è la mancanza di volontà di agire, la mancanza di fiducia e a volte persino la codardia“, ha detto, ma “la Russia sarà impotente di fronte all’Europa unita” – Tusk ha comunque ribadito che non intende allontanarsi dall’Alleanza nordatlantica. “La Polonia non cambia opinione sulla necessità, assolutamente fondamentale, di mantenere i legami più stretti possibili con gli Stati Uniti e la Nato“, ha dichiarato, sottolineando che la partecipazione del Paese nell’organizzazione è “indiscutibile”.
Varsavia ha già il budget per la difesa più alto tra i membri Nato. Oggi spende il 4,1 del Pil, mentre l’obiettivo per il 2025 è il 4,7 per cento. E compra la maggior parte dei suoi sistemi d’arma proprio dallo zio Sam: dai carri armati Abrams ai caccia F-35, passando per l’antiaerea dei Patriot, con buona pace di chi spinge per una “preferenza europea” negli acquisti militari del Vecchio continente.
Sikorski vs Musk (e Rubio)
Ma è evidente che l’Atlantico si sta allargando sempre di più. Gli strappi diplomatici tra Washington da un lato e, dall’altro, Kiev, Bruxelles e le altre cancellerie europee sono ormai all’ordine del giorno. Dopo le tensioni delle scorse settimane tra Trump e il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky, ieri (9 marzo) si è consumato uno scontro a tre tra il titolare degli Esteri polacco, Radoslaw Sikorski, quello statunitense Marco Rubio ed Elon Musk, braccio destro del tycoon newyorkese.
Quest’ultimo aveva condiviso su X (di cui è proprietario) delle osservazioni che sembravano indicare un’imminente sospensione dell’erogazione dei servizi di Starlink – il network satellitare di SpaceX, altra azienda del miliardario sudafricano – all’esercito ucraino, senza i quali si troverebbe in gravi difficoltà sul campo soprattutto ora che la Casa Bianca ha interrotto la condivisione delle informazioni della propria intelligence.

Per ora, è Varsavia a pagare per conto di Kiev il servizio di Starlink, così Sikorski si è sentito in dovere di avvisare che “se SpaceX si dimostrerà un fornitore inaffidabile saremo costretti a cercare altri fornitori“. A quel punto, Musk ha dato del “piccolo uomo” a Sikorski suggerendogli di “starsene zitto“, e da lì è nato un indecoroso diverbio online tra pezzi da novanta delle amministrazioni di due Paesi tecnicamente alleati. Finché Rubio è entrato a gamba tesa accusando l’omologo polacco di “inventarsi cose” e dandogli dell’ingrato, aggiungendo che “senza Starlink l’Ucraina avrebbe perso questa guerra molto tempo fa e in questo momento i russi sarebbero al confine con la Polonia“.
Oggi, Tusk ha gettato acqua sul fuoco con un altro post sul social che fu un tempo Twitter: “La vera leadership significa rispetto per i partner e gli alleati, anche per quelli più piccoli e deboli. Mai arroganza, cari amici, pensateci”, ha scritto. La Commissione europea non ha voluto commentare gli scambi al vetriolo delle scorse ore. “Restiamo impegnati e pronti a sostenere l’Ucraina con GovSatCom fino a quando Iris2 non sarà pienamente operativo“, si limitano a osservare i portavoce del Berlaymont, riferendosi ai sistemi satellitari comunitari.
La prima è una piattaforma di condivisione tra le agenzie di Italia, Francia, Germania, Spagna e Lussemburgo, mentre il secondo entrerà in funzione nel 2030 e dovrebbe mettere in orbita quasi 300 satelliti, diventando almeno sulla carta una rete alternativa a Starlink. Tuttavia, difficilmente Bruxelles potrebbe rimpiazzare i servizi offerti da SpaceX (se davvero se ne presentasse la necessità) mantenendo lo stesso livello di efficienza.