Bruxelles – Dopo settimane di agitati incontri nelle formazioni più disparate, da quelli della ‘coalizione dei volenterosi’ all’Eliseo e a Londra, alla visita dei vertici delle istituzioni europee e di alcuni leader occidentali a Kiev fino ai bilaterali di António Costa con i capi di stato e di governo Ue, domani (6 marzo) è il giorno del Consiglio europeo straordinario. Appuntamento fondamentale per capire se e come l’Ue reagirà ai diktat di Donald Trump su Ucraina e difesa, anche se – suggerisce un alto funzionario Ue – il vertice “non sarà la fine della storia”. Ma sono comunque “settimane che possono valere dei decenni”, come confida un’alta fonte dell’Unione.
Anzi, “tutto porta a pensare che prenderemo altre decisioni nei mesi che vengono”, afferma una fonte diplomatica. Ma intanto va lanciato un segnale forte su due pilastri complementari: la difesa europea e la resistenza di Kiev. Se sul primo punto il piano Rearm Europe e la lettera con cui Ursula von der Leyen ha illustrato le priorità ai leader europei hanno spianato la strada ad un accordo in discesa tra i Paesi membri, sull’unità da mantenere in un momento decisivo per le sorti dell’Ucraina il fallimento è dietro l’angolo. A ben vedere, nonostante l’ottimismo ostentato da Costa – “se non arriveremo a delle conclusioni comuni, non sappiamo cosa succederà perché non si è mai parlato di piani B”, ammettono fonti diplomatiche -, Ungheria e Slovacchia sono già uscite allo scoperto annunciando che si metteranno di traverso a qualsiasi volontà di incrementare il supporto militare a Kiev in vista dei negoziati.
I capisaldi che, in risposta alle pressioni statunitensi per arrivare a un rapido cessate il fuoco al costo di estromettere Kiev e Bruxelles dalla trattative, il Consiglio europeo vorrebbe ribadire, sono messi nero su bianco nella bozza delle conclusioni: non ci possono essere negoziati sull’Ucraina e sulla sicurezza europea senza l’Ucraina e il coinvolgimento dell’Europa, un cessate il fuoco “può avere luogo solo come parte di un processo che porti a un accordo di pace globale”, qualsiasi accordo deve essere accompagnato da “garanzie di sicurezza solide e credibili per l’Ucraina”, la pace deve rispettare “l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina”.
Già su questi principi, Budapest e Bratislava rischiano di sfilarsi. Per non intricare ulteriormente la matassa, i 27 per ora non scenderanno in dettagli su cosa significhi fornire garanzie di sicurezza a Kiev ed evitare che si ripetano i fallimentari accordi di Minsk di dieci anni fa. Finché si tratta di rafforzare le capacità di difesa ucraina, almeno in 25 sono d’accordo. Farne una sorta di “porcospino d’acciaio”, in grado – con il supporto finanziario, tecnologico e militare dell’Ue – di dotarsi da sola delle garanzie di cui ha bisogno. “Spero che questo sarà messo in chiaro”, ha affermato ancora un alto funzionario. Ma il secondo pilastro in termini di garanzie è capire “ciò che l’Ue è pronta a fare per contribuire direttamente, in particolare con il dispiegamento di una missione” sul campo.

Una riflessione “prematura”, tagliano corto dal Consiglio, che non farebbe che impantanare ulteriormente il dibattito in un momento in cui c’è bisogno di un segnale forte. Un segnale che peraltro verrà recapitato direttamente a Volodymyr Zelensky, che parteciperà in presenza o in videocollegamento al confronto tra i leader. Diverse capitali, Italia in primis, starebbero sottolineando l’importanza di “mantenere l’unità del campo occidentale”, senza arrivare a fratture insanabili con Washington. Perché è “illusorio poter trovare soluzioni senza la partecipazione degli Stati Uniti” o “pensare che gli Stati membri siano in grado di stare sul terreno da soli senza questo tipo di copertura”. In questo senso, la parziale ricucitura in corso tra il premier ucraino e Trump dopo la lite pubblica nello Studio Ovale potrebbe incidere sugli umori del dibattito. Ma l’imprevedibilità di Trump è pericolosa, e domani mattina i leader Ue potrebbero svegliarsi con nuove dichiarazioni al vetriolo oltreoceano.
Non è comunque da escludere che già domani alcuni Stati membri “dicano se sono disponibili o meno” a mettere sul piatto contingenti militari per salvaguardare la pace futura in Ucraina. In ogni caso, su questo punto l’ombrello dell’Unione europea o della Nato – su cui Putin si oppone strenuamente – potrebbe venire sostituito da quella “coalizione di volenterosi” che riunisce alcuni altri partner occidentali ed esclude i più reticenti tra i 27. “Sicuramente sarà discussa, per iniziare a esaminare quale ruolo l’Ue vuole svolgere in questa possibile coalizione“, spiega un alto funzionario. Semplice endorsement politico, sostegno finanziario o oltre. Va letto anche in questo senso il debriefing previsto per venerdì mattina in cui Costa, von der Leyen e l’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, faranno il punto della situazione con Regno Unito, Islanda, Norvegia e Turchia.
L’Ue compatta in difesa, verso il via libera alle proposte di von der Leyen
Una fonte diplomatica ha ipotizzato che lo scenario peggiore possibile potrebbe essere che, per via degli attriti sull’Ucraina (che Costa potrebbe aggirare con una più debole dichiarazione a 25 o dello stesso presidente del Consiglio europeo), salti il tavolo e i leader rinuncino a mettere per iscritto anche le conclusioni sulla difesa. Ma sulla necessità di “intraprendere le azioni necessarie per essere più sovrani e autonomi” c’è poco spazio per il disaccordo, almeno in questa prima fase. “Ci aspettiamo che i leader invitino la Commissione europea a procedere molto rapidamente con l’approfondimento delle proposte” presentate da von der Leyen, confermano a Bruxelles.

In sostanza, il piano in cinque punti presentato dalla presidente dell’esecutivo Ue prevede le deroghe al Patto di stabilità per le spese nel settore della difesa, la creazione di uno strumento Ue per prestiti agli Stati membri per acquisti congiunti dal valore di 150 miliardi di euro, la possibilità di ridestinare parte dei fondi di coesione alle spese militari, la mobilitazione di capitali privati e l’ampliamento del ruolo della Banca europea per gli investimenti (Bei).
Le proposte, “significative”, sono ancora vaghe. Ulteriori dettagli saranno forniti con la presentazione da parte della Commissione europea del Libro bianco della Difesa, prevista per il 19 marzo. Lì potrebbero emergere alcune criticità, ad esempio sui termini con cui si potrà effettivamente attivare la clausola di salvaguardia del patto di stabilità e crescita, su quali progetti e per quali spese si potranno reindirizzare i fondi destinati alla Coesione, sulla possibilità o meno di esplorare anche strumenti di indebitamento comune. Ma domani dovrebbero remare tutti nella stessa direzione. Ancora una volta, il condizionale è d’obbligo: la presidenza di turno polacca del Consiglio dell’Ue ha convocato di nuovo i corpi diplomatici dei 27 domani mattina, prima dell’inizio del vertice. In agenda c’è solo un punto: le conclusioni del Consiglio europeo.