Bruxelles – Tutto come da programma. Alle elezioni legislative anticipate in Germania hanno vinto i Cristiano-democratici di Friedrich Merz, che sostituirà Olaf Scholz come cancelliere federale. Il partito socialdemocratico di quest’ultimo è crollato, così come i Verdi e i liberali. L’ultradestra post-nazista di AfD è il secondo partito con oltre un quinto dei consensi, mentre fa meglio delle aspettative la sinistra radicale della Linke. Sulla carta sembra non esserci un rebus coalizioni per dare al Paese un governo stabile, poiché democristiani e socialdemocratici, coppia già sperimentata, hanno una solida maggioranza.
Il responso delle urne
La posta in gioco nel voto di ieri (23 febbraio) era alta, e i tedeschi hanno risposto. Dati ufficiali alla mano, l’affluenza alle urne per rinnovare il Bundestag è arrivata a toccare l’82,5 per cento, oltre 6 punti in più rispetto al 76,4 per cento del 2021.
Come da previsioni, vincitrice di questa tornata elettorale è l’Union (composta dalla Cdu e dal partito gemello bavarese Csu), che ha portato a casa il 28,6 per cento. Uno dei peggiori risultati di sempre per i conservatori e sensibilmente meno del 30-31 per cento che avevano pronosticato i sondaggi, ma comunque 4,4 punti in più rispetto al 24,1 per cento di quattro anni fa, che li aveva relegati all’opposizione. Il leader della Cdu Friedrich Merz sarà dunque il prossimo Bundeskanzler. In termini di seggi, questa vittoria si traduce in 208 deputati sui 630 totali dell’Aula.
Al secondo posto, come anticipato dalle proiezioni, è arrivata l’ultradestra di Alternative für Deutschland (AfD) di Alice Weidel e Tino Chrupalla che, scavalcando l’Spd, ha ottenuto il 20,8 per cento. Si tratta del migliore risultato del partito da quando è stato fondato nel 2013, e di un raddoppio rispetto al 10,4 ottenuto alle ultime legislative. Nessun’altra formazione ha guadagnato così tanti consensi tra le due tornate elettorali. Un tesoretto da 152 seggi.
Terzi i socialdemocratici dell’Spd, il partito del cancelliere uscente Olaf Scholz, che hanno subito le perdite maggiori in queste elezioni (-9,3 per cento dal 2021, quando erano arrivati primi) rimanendo inchiodati al 16,4 per cento. Un risultato che rappresenta anche il peggior risultato del partito dal 1949. La pattuglia socialdemocratica al Bundestag si riduce così a 120 eletti.
In effetti, a tutte le forze che componevano la coalizione semaforo al governo di Berlino negli ultimi quattro anni è andata male. Oltre alla debacle dell’Spd, anche i Verdi (Bündnis 90/Die Grünen) del vicecancelliere uscente Robert Habeck hanno lasciato a terra 3 punti percentuali abbondanti, attestandosi all’11,6 per cento (85 seggi). Mentre i liberali dell’Fdp, guidati dall’ex ministro delle Finanze Christian Lindner, di punti ne hanno persi più di 7 e sono dunque rimasti esclusi dal Bundestag perché, col loro 4,3 per cento, non sono riusciti a superare la soglia di sbarramento del 5 per cento.
Chi invece ha ottenuto un successo quasi insperato (tanto da far parlare di vera e propria “resurrezione politica”), è la sinistra radicale di Die Linke. Il partito di Heidi Reichinnek e Jan van Aken ha fatto meglio di quanto prevedevano i pronostici ed è arrivata ad un passo dal 9 per cento: con l’8,8 per cento si porterà a casa 64 deputati. Per un soffio, infine, il Bsw di Sahra Wagenknecht è rimasto anch’esso fuori dall’emiciclo non essendo riuscito ad ottenere più del 4,97 per cento.
Verso una grande coalizione?
Ora, con la soglia per la maggioranza assoluta al Bundestag fissata a quota 316, Merz avrà bisogno di appoggiarsi a qualche altro partito per governare. Data l’estromissione dell’Fdp dall’Aula, la ripartizione dei seggi tra le cinque forze presenti significa che dovrebbe bastare un accordo tra i suoi conservatori e i socialdemocratici, che insieme dispongono di 328 deputati.
La “grande coalizione” di merkeliana memoria era del resto l’obiettivo del leader della Cdu, che puntava ad un’alleanza a due senza bisogno di un terzo incomodo al governo. E il cui approccio ha peraltro poco a che spartire coi Grünen su molte importanti questioni, fattore che avrebbe reso una coalizione a tre (Cdu/Csu, Spd e Verdi) piuttosto problematica.
Non che ora sia tutto in discesa: lo stesso cancelliere in pectore ha ammesso che il nuovo governo potrebbe non insediarsi fino a Pasqua, ma è tanta la pressione (domestica e internazionale) su Berlino affinché la Germania riprenda il suo ruolo di leadership in Europa.
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Alcuni trend elettorali
Al netto della vittoria di Merz, comunque, i partiti mainstream sono stati puniti piuttosto severamente dagli elettori. La stessa Union non era mai scesa sotto la soglia psicologica del 30 per cento dal secondo dopoguerra, e durante l’era Merkel il peggior risultato era stato il 33 per cento del 2017. Stando alle prime analisi del voto, i Cristiano-democratici hanno perso circa un milione di elettori all’AfD, guadagnandone due dall’Spd e uno dall’Fdp.
Il tracollo dell’Spd, mai così indietro negli ultimi 76 anni, è indicativo di una grande insofferenza dell’elettorato verso le politiche del centro-sinistra guidato da Scholz. Che infatti non è stato indicato come capo negoziatore dell’Spd per negoziare la formazione di una Große Koalition con Cdu e Csu: tra i nomi che circolano per quel ruolo ci sono quelli del ministro uscente alla Difesa, Boris Pistorius, e di uno dei due co-leader del partito, Lars Klingbeil.
Anche in casa Fdp lo scossone è stato fortissimo, tanto da espellere i liberali dal Bundestag e, di conseguenza, da costringere il loro candidato Lindner al ritiro dalla politica attiva. Quanto alla Linke, l’emorragia verso il Bsw (nato nell’autunno 2023 con la defezione di Wagenknecht) è stata relativamente contenuta (intorno ai 350mila voti), mentre sono stati circa 1,26 milioni gli elettori delusi da Spd e Verdi che hanno deciso di dare fiducia a Reichinnek & co. Infine, il successo folgorante dell’AfD deriva soprattutto dalla mobilitazione degli astenuti: secondo le proiezioni, circa 2 milioni di voti sono arrivati da elettori che non si erano recati alle urne nel 2021.
Le dinamiche del voto
Altri dati interessanti riguardanti la distribuzione del voto in termini geografici e anagrafici. Da un punto di vista territoriale, la Germania si presenta per l’ennesima volta spaccata in due, come se la divisione della Guerra fredda non fosse mai stata superata neppure dopo la riunificazione.
A livello del cosiddetto secondo voto (Zweitstimme), cioè quello proporzionale che va ai partiti su base nazionale, la Cdu è arrivata prima nell’intera ex Germania Ovest (in Bavaria il primato è della Csu), mentre l’ex Ddr comunista ha visto la vittoria schiacciante dell’AfD. Comparando i risultati di ieri con quelli del 2021, balza subito all’occhio come l’Spd è stata spazzata via dalla mappa elettorale.
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Se si considerano le fasce anagrafiche, sia la Cdu sia l’Spd hanno fatto meglio tra gli over 70, dove hanno raccolto rispettivamente il 42 e il 25 per cento dei consensi. Tra gli under 25, il primo partito è la Linke (con un quarto dei voti), mentre nella fascia 25-44 vince l’AfD (23 per cento tra i 25 e i 34 anni e 26 per cento tra i 35 e i 44).
A livello di genere, lo scarto tra elettori ed elettrici è stato generalmente contenuto (intorno ai 2-3 punti percentuali) per tutti i partiti, con l’unica eccezione dell’ultradestra: tra l’elettorato femminile il 17 per cento ha votato AfD, mentre per quello maschile questa porzione sale al 24 per cento.
Infine, i partiti che sono andati meglio tra i segmenti più istruiti della società sono stati i Verdi (19 per cento tra gli elettori con un’istruzione superiore contro il 4 per cento tra quelli con un’istruzione base) e la Sinistra (11 per cento contro 5 per cento), mentre, al contrario, l’AfD ha fatto più voti tra le fasce meno istruite (28 per cento contro 13 per cento).