Roma – Fin dal primo momento “non siamo stati d’accordo con il sistema di quote” per la redistribuzione dei rifugiati, ma “non siamo fondamentalmente contrari alla ripartizione”. Lo spiega l’ambasciatore ungherese in Italia, Peter Paczolay, in audizione davanti al comitato Schengen. “Riteniamo sia prematuro parlarne” adesso, prosegue il diplomatico, aggiungendo che il suo Paese è convinto “della necessità di ricercare soluzioni al di fuori dell’Europa”, perché “parlare oggi di quote significa incoraggiare la migrazione irregolare”, offrendo ai migranti “l’illusione di poter accedere al continente liberamente”.
In attesa della riunione straordinaria tra i capi di Stato o di governo dei 28, in programma alle 18,00 di oggi, al Consiglio Affari interni di ieri l’Ungheria ha votato contro la proposta di redistribuzione di 120 mila rifugiati, passata comunque a maggioranza. Una situazione mal digerita dal governo magiaro. Se la decisione si prende “con voto maggioritario – ha garantito Paczolay – ne prenderemo atto e la rispetteremo”. Tuttavia, ha aggiunto che l’esecutivo di Budapest intende adempiere ai propri obblighi “sulla base delle convenzioni di Schengen e di Dublino”, il che vuol dire “protezione delle frontiere, registrazione dei rifugiati, svolgimento dei procedimenti relativi” alle richieste di asilo, “per i quali ci aspettiamo in futuro, da parte dell’Ue, un contributo equo, adeguato e proporzionato”.
In relazione alla barriera di filo spinato lungo il confine con la Serbia, Paczolay ha parlato di una misura “provvisoria” volta a “dirigere il flusso dei migranti che arrivano dal Sud, controllando e legalizzando il loro ingresso sul territorio dell’Unione europea come previsto dal trattato di Schengen”, il quale “stabilisce che le frontiere esterne possano essere attraversate solo nei valichi di frontiera”.
Quelle come la costruzione del ‘muro’, ha proseguito il diplomatico, “sono mosse forzate con cui l’Ungheria protegge l’interesse di tutti gli Stati membri”. L’esecutivo magiaro, ha aggiunto, “auspica che una volta fermato il flusso, o almeno canalizzato verso i valichi legali, le barriere provvisorie possano essere smantellate immediatamente”.